Vertical: svegliando il cane che dorme…
Il siluro, come sappiamo, è un pesce che passa buona parte della sua esistenza a contatto con il fondo.
In determinati momenti si attiva arrivando a cacciare a galla ed in giornate caratterizzate da condizioni atmosferiche di bassa pressione si colloca più facilmente in strati intermedi, ma è fuori di dubbio che, aldilà di precise fasi di attività (oggetto di altrettanto specifiche tecniche di pesca), in condizione di riposo, stia sul fondo e al riparo di ostacoli di diversa natura.
Il vertical è la tecnica ideale per andare a stimolare l’ attacco dei pesci che apatici stazionano nella melma: ci consente di svegliare il cane che dorme, sorprendendolo nel suo giaciglio.
Semplificando brutalmente si tratta di un particolare approccio al morto manovrato classico da cui si discosta per una serie di caratteristiche che ne fanno una tecnica a se stante.
Diciamo subito che è indispensabile l’ uso di un natante con cui portarsi sulle traiettorie di stazionamento dei pesci e aggiungiamo che per l’ applicazione ottimale della tecnica il natante deve essere condotto in deriva, ovvero lasciandosi trasportare dalla corrente, a motore spento. Utilissimo può risultare un motore elettrico in fase di correzione delle traiettorie.
Pescheremo su tratti di fiume dove maggiore è la probabilità di incontrare i pesci appoggiati al fondo. Saremo facilitati dall’ ecoscandaglio nell’ individuazione delle derive da affrontare, capace di rivelarci la conformazione del fondale e spesso, ma non sempre, i pesci. Ci accorgeremo presto che l’eco ha dei limiti: esiste una fascia di 30/40 cm aderente al fondo in cui l’ ecoscandaglio non legge. Una vera e propria zona d’ombra proprio all’ altezza in cui il pesce riposa…Schermate apparentemente deserte, possono nascondere in realtà graditissime sorprese.
A complicare l’identificazione del pesce è anche la granulometria del fondo: fondali morbidi (presenti normalmente su zone di riporto dei sedimenti del fiume) offrono ai glani la possibilità di appoggiarvisi pesantemente (quasi affondando nella melma) e rendendo scarsamente rilevabili dall’ ecoscandaglio anche esemplari di stazza importante; inoltre, in base alla posizione del pesce nel cono sonoro diffuso dall’ eco, la traccia potrà essere restituita diversamente: archi completi molto nitidi, tracce parziali o addirittura come semplice disturbo.
Un approccio “estensivo” alla deriva comporta la perdita di molto tempo prezioso: è bene sviluppare una sensibilità personale alla posizione del pesce, ovvero immaginare con precisione ancora prima di entrare in pesca dove potrebbero essere i siluri e poi cercarne conferma anche grazie all’ eco. Le derive infinite e ininterrotte, normalmente, pagano poco: bisogna affrontare una deriva stabilendone l’ inizio, ma soprattutto la fine, per poi passare ad un altro spot, magari distante pochi metri, ma caratterizzato da quel qualcosa che fa si che i pesci possano averlo scelto per stazionarvici.
Con il tempo, l’ esperienza maturata sul campo e la conoscenza profonda delle zone di pesca è possibile affidarsi sempre più a valutazioni “a vista” sulla base delle condizioni contestuali del fiume, tenendo conto del fatto che la posizione del pesce cambia al variare delle stagioni, della temperatura, della pressione atmosferica; una corretta gestione dell’imbarcazione e l’ interpretazione dell’ecoscandaglio sono fattori decisamente determinanti ai fini dell’ esito della battuta.
La tecnica di pesca consiste nel manovrare un’ esca morta presso il fondo, sotto la barca (dunque in verticale) con scarti e saltelli di intensità variabile perchè possa destare l’ attenzione del siluro a riposo. Strappetti in verticale seguiti da una caduta più lenta, quasi a foglia morta (corrente permettendo), a sfiorare il fondo.
L’ ampiezza del movimento può essere variabile, da pochissimi centimetri a mezzo metro: l’ efficacia varia a seconda del grado di attività del predatore. La frequenza dei movimenti deve tenere necessariamente conto della velocità dell’ acqua, aumentando proporzionalmente ad essa.
La montatura su cui l’ esca viene assicurata viene di norma realizzata in acciaio armonico da 1,2 mm di diametro oppure con l’ acciaio da saldature. Si tratta di una sorta di “molletta” da inserire nella bocca del pesce esca (come nel Drackovitch d’ altronde) complicata da un ulteriore sistema di puntatura da porsi appena dietro la testa e dotata di un triangolo apicale per assicurare la lenza che ospita in basso anche la zavorra. Un immagine vale più di mille parole…
Un bracciolo assicurato al montante verticale ospiterà un’ ancoretta, robusta, ma non enorme (taglia 2 o 1): questa verrà posizionata sulla schiena del pesce esca e di norma sarà sufficiente per ferrare il pesce.
Le grammature variano al variare della taglia del pesce esca e della corrente: normalmente si usano montature tra i 40 ed i 100 g di peso, avendo l’ accortezza di plastificare la zavorra per minimizzare la percezione di campi magnetici anomali da parte del finissimo apparato sensoriale del siluro. In tema di montature da vertical la personalizzazione delle soluzioni adottate è un aspetto che concorre al fascino che questa tecnica esercita su tante persone.
Le esche saranno costituite da pesciotti di taglia variabile dai 30 g all’ etto di peso: oltre ne va della manovrabilità e la corrente tenderà a far sentire maggiormente il suo effetto.
A vertical si pesca bene anche con la gomma (esche siliconiche): sulle medesime montature potranno essere innescati shad o grub.
Personalmente evito di utilizzare terminali di sorta, ma collego la montatura direttamente alla treccia proveniente dal mulinello, ma ognuno è ovviamente libero di pescare come meglio crede. La treccia in questione è bene si attesti tra le 65 e le 100 lb di tenuta, mentre le canne utilizzate sono di norma corte: le lunghezze ideali vanno da 1,90 a 2,15 cm.
Circa l’ azione le scuole di pensiero di dividono: c’è chi predilige canne rigide (e dunque in grado di trasmettere meglio al pescatore le vibrazioni dell’ esca al contatto con il fondo) e chi preferisce canne dal vettino più morbido in grado di accompagnare più gradualmente l’ esca nel movimento impresso con il risultato di un azione forse più naturale. In ogni caso, il denominatore comune deve essere la potenza (100-250g): pur non essendo il vertical una tecnica in grado di selezionare la taglia delle catture, l’incontro con pesci da sogno non è affatto raro.
I mulinelli possono essere di taglia contenuta (4000/5000) e caratterizzati da una capienza relativa: il più delle volte ci limiteremo a sfruttare un pezzo di treccia pari alla profondità del tratto su cui peschiamo, anche se dovremo ovviamente tenere conto della possibilità di incocciare pesci che ci sottopongano ad un combattimento con fughe. Direi che avere in bobina 70/80 metri di treccia potrà già ritenersi più che sufficiente ad affrontare in tranquillità la battuta. E’ invece importante che la frizione sia affidabile e che stringa degnamente con un max drag di almeno 10lb. Si adattano bene al vertical anche i mulinelli a bobina rotante, round o low profile che siano, ma sempre di adeguata robustezza.
Di norma l’ attacco del siluro arriva nel momento in cui il nostro saliscendi è al culmine, ovvero quando, sollevata l’ esca, siamo nella fase in cui la discesa ha inizio. La mangiata si può palesare in diverse maniere: potremo percepire uno strappo violento verso il basso tipico del pesce che si stacca dal fondo, afferra l’ esca e vi “ricade” pesantemente. Oppure un lieve movimento seguito da una trattenuta: il pesce ha aspirato l’ esca senza muoversi e la trattiene in bocca mentre la barca continua a derivare dandoci la sensazione di un incaglio (le famose situazioni in cui “ ..pensavo fosse il fondo, ma poi si è messo a tirare”).
Altre volte la mangiata sarà segnalata da strappetti ripetuti data di norma da pesci piccoli che seguono l’ esca cercando di ingoiarla; in altri casi invece, sollevata l’ esca al momento di lasciarla ricadere non ne avvertiremo più il peso: il siluro l’ ha afferrata ed è rimasto alla stassa altezza o è addirittura salito rapidamente…in questi casi il recupero del filo in bando seguito da repentina ferrata è d’ obbligo e non è detto che non si tratti di un bel pesce!
Quello dell’ abboccata nel vertical è un momento eccezionale, perché viene percepita canna in mano e si tramuta direttamente in una scarica adrenalinica difficile da spiegare e ancora di più da dimenticare!
La ferrata è bene sia decisa e la reazione di norma è subito potente: gli esemplari più interessanti tendono a tenere il fondo risalendo la corrente e fermando la deriva delle imbarcazioni medio piccole che di norma vengono utilizzate.
Durante il combattimento è bene fare attenzione alle fughe del pesce mantenendosi la possibilità di cambiare velocemente il lato della barca da cui si opera, a seconda della direzione presa dal glano.
Una volta aggallato, sarà bene assicurarsi dell’ effettiva resa dell’ avversario e poi provvedere al glowing….Per finire una bella foto e un rilascio fatto a dovere coroneranno l’ impresa.
©Testo e Foto di Giuseppe Passafaro