Meno acqua c’è più grosso è!
Testo e foto di Yuri Grisendi
Ci sono particolari periodi dell’anno, che insistere ad insidiare i siluri in profondità è solo una perdita di tempo, perché mentre noi stiamo facendo nuotare le nostre esche in 6-15 metri d’acqua, i nostri amici baffoni, stanno placidamente nell’attesa di una preda in fondali alla gran lunga più bassi.
E’ questo un comportamento comune che si riscontra negli esemplari adulti di Silurus glanis, ossia la particolare attenzione rivolta alle anse del fiume dove l’acqua a volte non supera il mezzo metro.
Al momento può sembrare strano, ma se ragioniamo un attimo quest’atteggiamento, diventa molto chiaro ed ovvio, infatti, più i siluri diventano grossi, è più parallelamente la loro velocità in fase di caccia diminuisce, poiché la massa da spostare per un attacco fulmineo è veramente enorme, per questo alla velocità i grossi siluri hanno sostituito l’astuzia, e preferiscono intrappolare il pesce in zone d’acqua dove la possibilità di fuga è limitata, lasciando ai giovani meno esperti, le più veloci sfuriate all’inseguimento di prede.
Ormai non mi stupisco più di tanto, quando piazzo una boa in un basso fondale, so quasi con certezza, che se vedrò una partenza, essa sarà di un siluro veramente grosso; lo ha scoperto anche il mio amico Emanuele, la prima volta che mi ha accompagnato in una sessione notturna, dove alle prime si era lamentato perché gli avevo piazzato una delle sue due boe in settanta centimetri di fondo, con l’esca a trenta centimetri dalla superficie.
La sua diffidenza durò ben poco, alle prime ombre del crepuscolo la sua canna fu la prima ad essere attaccata, e l’emozionante duello che ne seguì portò a riva uno stupendo esemplare di 214 cm, che rappresentava il suo nuovo record personale: a quel punto mi porse le scuse per non avermi dato fiducia.
Quest’esperienza, e molte altre che ho accumulato da quando ho portato in Italia questo tipo di tecnica, hanno dimostrato come molto spesso la profondità dello spot non deve per forza essere eccessiva, anzi più l’acqua è bassa e a corrente lenta e più è probabile che nelle ore notturne, vi siano prede riunite per la frega, che saltando di qua e di là attirano i predatori del fiume anche da lunga distanza, sicuri di trovare un facile banchetto, senza dar luogo a lunghi e faticosi inseguimenti, molto odiati da questa specie predatrice.
L’unico problema che ci si trova davanti nel piazzare le boe in così poca acqua, è che il motore molto spesso tocca sulla sabbia del fondale, e non si riesce a fare correttamente manovra, in più si corre il pericolo di rovinare l’elica contro qualche sasso ben assestato.
Per ovviare a quest’inconveniente è consigliabile utilizzare una barca, innanzi tutto con poco pescaggio, e munita di un fuoribordo provvisto di "trim elettrico", in modo tale da poter regolare a nostro piacere l’altezza in cui far lavorare l’elica, oppure avere a disposizione un motore ausiliario da 4-6 cavalli, o magari elettrico, per eseguire queste delicate manovre in tutta tranquillità.
I picchetti che sorreggono la canna dovranno veramente essere robusti, e non dovranno in nessun modo piegarsi o ribaltarsi quando la canna è scossa da un attacco, infatti, è in questi bassi fondali che le partenze si rivelano fulminee, e di una violenza inaudita, capace di scardinare la maggior parte dei portacanna che si trovano in commercio.
Quando posizionate le boe, perciò ricordate, occhio sempre all’ecoscandaglio e preferite le zone a basso fondale piuttosto che quelle dove l’acqua supera i sei metri, e regolate in proporzione il finale, facendolo sempre circa un terzo della profondità in cui dovrà lavorare.
In bocca al siluro e arrivederci al 2003!