Considerazioni
su alloctoni e autoctoni
Di
Gianluca "il Basco" Milillo
"foto Gianluca Milillo, archivio Pesca In"
Quando Noè
riempì l’arca con gli animali non distinse tra autoctoni ed alloctoni e
questo perché il fine era preservare la vita, tutta la vita, e non può essere
che un controsenso, un’incongruenza filosofica, uccidere pesci per salvare un
ecosistema… Oggi non stiamo cercando di salvare la “Vita”, ma solo una
manifestazione di questa, la fauna originaria.
L’inquinamento, il disagio ambientale, origina solo da due cose: ignoranza e
egoismo, e questa “caccia alle streghe”, questo enfatizzare l’alloctono
come male appare sempre più come una questione politica piuttosto che
“ambientale”; assomiglia sempre più a quel egoismo da cui originano i mali
dell’ambiente: il volere la fauna autoctona nonostante le mutazioni
ambientali, il volere tutelare l’interesse dei pescatori di mestiere e i
mercati, il guadagnare attraverso le sanzioni, il trovare un capro espiatorio…
Sembra che l’alloctono serva a distrarre da problemi più gravi e a garantire
la sopravvivenza di alcune branche amministrative.
Rimangono però i dati di fatto, le osservazioni obbiettive che ogni utente dei
bacini idrografici italiani può fare; le leggi, l’insieme di norme che mirano
al contenimento degli alloctoni si è rivelato un fallimento, causando mali
peggiori della minaccia “aliena”.
Però, in virtù dell’umano egoismo hanno generato denaro “privato”, e
forse solo questo conta…
Nella nostra “sub-cultura” ecologica, la massa crede che il
fiume sia una risorsa inesauribile, infinita, capace di subire ogni oltraggio ed
incassarlo: chimica selvaggia ed incontrollata, captazioni idriche, prelievi di
ghiaia, uccisioni indiscriminate di pesci, per essere venduti, per essere
trofei, o peggio di tutto, perché ritenuti “indesiderati”…
Ma se oggi ci privassimo degli alloctoni, siamo sicuri che le nostre acque
potremmo definirle vive? Egoismo a parte, interessi esclusi, siamo sicuri che
accettare la mutazione della nostra fauna ittica sia un male?
E’ possibile che lo spauracchio di una multa di 100 euro sia sufficiente a
farmi vincere l’orrore di uccidere e gettare in un cassonetto un Amur o un’Aspio?
Uccidere un animale che ha solo due colpe: aver abboccato al mio
amo ed essere considerato alloctono… Uccidere un pesce che nel novanta per
cento dei casi non può essere destinato all’alimentazione umana, e che quindi
muore solo in ragione del nostro egoismo.
Se da un lato è vero che bisogna adoperarsi perché gli alloctoni non
colonizzino nuove aree, in quelle dove sono oramai una realtà consolidata,
qualsiasi intervento di contenimento operato o si è ripercosso sul ecosistema o
sul pescatore sportivo, e pesci e pescatori in questi anni hanno una cosa in
comune: entrambi sono muti.
Che differenza c’è tra non andare a pesca e reimmettere il pesce? Cosa cambia
per l’ambiente? Cambia però quanto incassa il redattore della norma che vieta
il rilascio…
La soluzione quindi può arrivare solo attraverso un’informazione corretta e
obbiettiva, una valutazione che tenga conto di tutto il panorama ecologico e una
gestione integrata e generale del fenomeno, lontana da quella attuale che
permette ad ogni singola provincia, ad ogni “feudo” di frazionare con
iniziative singole ed approssimative un biotipo che è collegato ed unitario, e
spingersi a cercare soluzioni costruttive anziché organizzare battute di
“pulizia ittica” degne di una mentalità specista.
Il “male” alloctono può quindi divenire, in quelle acque che oramai li
ospitano in modo stabile, una risorsa da integrare e contenere ad esempio
attraverso una politica di valorizzazione del turismo e dello sport, mentre i
trascorsi tredici anni di norme “ammazza pesci” non hanno prodotto nulla:
gli alloctoni ci sono ancora e i nostri ambienti acquatici sono ancora “terra
di nessuno”.
Continuando a gestire in questo modo la nostra fauna ittica tra qualche decennio
oltre agli autoctoni rimpiangeremo anche gli alloctoni, considerato che ogni
opera di tutela e studio dei pesci non coinvolge neanche il 3% delle nostre
acque mentre industria, agricoltura, edilizia e produzione di energia elettrica
hanno la priorità su ogni goccia d’acqua del nostro paese.
La vita che è sopravvissuta è “aliena” e cosa fanno le amministrazioni
provinciali alla luce di questa considerazione? Emanano leggi per ucciderla..