VARI ARTICOLI DI GIORNALE
Quasi
Militari dell'esercito posano sbarramenti sulla macchia oleosa (Ansa)
Ferrara, 13 marzo 2010 - E’ stata la testimonianza di alcuni cittadini che hanno visto la lunga scia oleosa scorrere rapida sulla superficie del Po di Volano, già dalle 17 di ieri pomeriggio, a mettere in moto la macchina dei soccorsi. Il forte odore di benzina e le infondibili macchie dagli sgargianti colori dell’iride non lasciavano dubbi che si trattasse di idrocarburi. E così è stato.
"E’ dalle cinque che si sente questa puzza incredibile
— dice un pensionato che insieme ad altra gente guarda l’acqua del Volano in
Riviera Cavallotti, la via centrale di Codigoro — con pezzi di canna,
bottiglie di plastica che galleggiano sull’acqua: un vero disastro". Il
primo pensiero è andato ad un residuo della macchia fuggita dalla raffineria di
Piacenza e finita subito nel Lambro, poi ne Po e infine, anche se in minima
parte, anche nel Po di Goro.
Ma per la morfologia del Po di Volano era impensabile che
una parte di quella finita nel Po di Goro fosse defluita nel ramo più
meridionale del grande fiume. Le prime notizie attribuiscono lo sversamento come
conseguenza di una rottura di un tubo che trasporta carburante all’interno del
Consorzio di Bonifica di Codigoro, dove le due grandi idrovore sono state
sottoposte a forti regimi in questi periodi di forte piovosità per impedire che
i terreni si allagassero. Sembra infatti che circa
Il sindaco di Codigoro, Rita Cinti Luciani, chiamata lungo le
sponde del fiume ha immediatamente allertato
Le chiazze, a quanto pare, nel corso della giornata sono state completamente raccolte dalle barriere: e proprio per scongiurare l'avanzata della macchia nera, nella notte è stata predisposta una barriera assorbente anche sotto le campate del Po di Volano, proprio a Volano. Nel caso in cui le sostanze fossero arrivate alla foce del Po, infatti, si sarebbe messa in pericolo l'intera Sacca di Goro con le sue coltivazioni di vongole. E i danni sarebbero stati notevoli. Intanto l'Arpa ha intensificato i controlli e i prelievi, per monitorare la qualità delle acque del grande fiume.
Disastro ambientale lungo lo Strone
«PROVINCIA DA SALVARE». Il caso nel tratto tra Verolanuova e
Pontevico, in un'area che è salvaguardata a Parco dai Comuni della zona.
L'allarme lanciato alle Vincellate
Sono stati recuperati dieci quintali di pesci morti, probabilmente a causa di un
inquinamento chimico. Indagine della Procura
07/03/2010
Uno
scorcio del fiume Strone, zona protetta a parco
Disastro
ambientale l'altro ieri lungo il fiume Strone tra Verolanuova e Pontevico. Un
probabile inquinamento chimico, per mano di ignoti, ha provocato la moria di ben
dieci quintali di pesce. Non si può paragonare per dimensioni allo scempio
accaduto sul fiume Lambro nei giorni scorsi, ma è comunque una brutta ferita al
fiume protetto da circa 30 anni da un parco locale di interesse sovracomuale.
Splendide carpe di 5 chili, tinche, vaironi, cavedani, barbi, sono morti
avvelenati e i loro corpi si sono fermati lungo la griglia della mini centrale
idroelettrica presente lungo il fiume in località Vincellate di Pontevico. E'
proprio il guardiano della centralina che ad avere lanciato l'allarme venerdì
mattina alle otto, vedendo l'ecatombe di ittiofauna ma anche mezzo metro di
schiuma bianca sul corso d'acqua e sentendo nell'aria un pungente e acre odore
chimico. Sul posto è giunta in poco tempo l'Arpa, che insieme alla polizia
locale di Pontevico e Verolavecchia ha risalito a ritroso il corso del fiume,
alla disperata ricerca della fonte di inquinamento. Che non è stato trovato.
Mentre hanno scoperto un grave inquinamento da reflui suini (migliaia di
quintali), provocato da un grande allevamento di Verolanuova, che scaricando in
due fossi irrigui finiva poi nello Strone. Sono scattate quindi due denunce
penali alla procura della Repubblica: una contro ignoti per l'inquinamento
chimico e una contro il titolare dell'azienda suinicola.
L'ARPA E L'ASL hanno provveduto a rilevare campioni di acqua e di pesce morto:
verso il fine settimana dovrebbero essere disponibili i risultati che
confermeranno le cause dell'avvelenamento dell'ittiofauna. Amaro il commento
dell'architetto Luigi Fontana, uno dei padri del parco dello Strone, e
attualmente responsabile della commissione tecnico-scientifica del parco: «Si
tratta quasi certamente di un inquinamento di tipo chimico perché il guardiano
della centrale idroelettrica ha sentito un odore acre di sostanze chimiche, non
certo organiche; difficile che reflui zootecnici possano creare un danno così
grande. Probabilmente qualche azienda a Verolanova o a Verolavecchia ha
provveduto a svuotare qualche vasca dopo averla lavata con reagenti chimici.
Potremo dire con esattezza di quali sostanze si tratta quando avremo i risultati
delle analisi dell'Asl». Per Fontana l'inquinamento non dovrebbe aver raggiunto
il fiume Oglio, dove sfocia lo Strone, ma essersi limitato al tratto compreso
tra Verolanuova e Pontevico.
«HA FATTO davvero male - chiude Fontana - vedere il fiume ridotto in quelle
condizioni. Sono anni che facciamo educazione ambientale nelle scuole ma
purtroppo c'è ancora troppa ignoranza». Ma non è colpa di una legislazione
troppo permissiva in materia ambientale? «Io non credo sia un problema di leggi
ma di coscienza civile».
Vita più facile per gli inquinatori di fiumi nel nostro Belpaese: il Parlamento
il 2 febbraio scorso ha approvato una legge che depenalizza il reato di scarico
industriale nelle acque. E' il disegno di legge «Recante modifica della
disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue» che modifica il comma 5
dell'articolo 137 Testo Unico Ambientale trasformando ciò che prima era reato
penale (lo scarico industriale oltre i limiti di legge nei corpi idrici) in una
mera sanzione amministrativa. In pratica chi scaricherà inquinanti oltre i
limiti consentiti dalla legge se la caverà semplicemente con una multa che va
da 3mila a 30mila euro. Sono esclusi dal provvedimento solo gli inquinanti
particolarmente pericolosi come cadio, cromo, diossine. «Una legge dell'
ecovergogna» l'ha definita il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli .P.GOR.
Pietro Gorlani
CATASTROFE AMBIENTALE LAMBRO-PO
Pubblicato il 01 Marzo 2010
Sinistra Ecologia e Libertà-
Idee Verdi dell’Emilia-Romagna appoggia la proposta del Presidente Errani di
costituire
La magistratura indaga ora sulle colpe e sui colpevoli del versamento di idrocarburi che ha ucciso il fiume e messo a rischio l’agricoltura e gli ecosistemi. Con tutta probabilità in quella vicenda si troveranno dei profili penali, soprattutto se c ‘è stato - come sembra - un sabotaggio per far chiudere la fabbrica e permettere una lottizzazione. Ma pochi giorni fa la maggioranza ha approvato una legge che depenalizza ulteriormente i reati di contaminazione delle acque, rendendo la vita più facile all’industria inquinante e più difficile a chi deve contrastarla”.
“Il 2 febbraio scorso, infatti, - ricorda
SEL-Idee Verdi nella nota - è stata licenziata una modifica al codice
ambientale (la legge delega voluta dal precedente governo Berlusconi, la 152 del
2006) che indebolisce le sanzioni. La norma prevede che può essere perseguito
penalmente solo chi scarica inquinanti ad altissima tossicità, come mercurio,
cadmio e gli stessi idrocarburi “oltre i valori limite” consentiti dalla
legge. Gli altri - quelli sotto i valori limite dei veleni- se la cavano con una
multa che va da
Il governo non va certo nella direzione di inasprire le sanzioni per chi
inquina. E la legge per la creazione dei crimini ambientali, che mettono a
repentaglio la nostra salute, non è mai decollata”.
Per SEL-Idee Verdi “siamo davanti ad una COLPEVOLE sottovalutazione delle dimensioni e degli effetti del disastro ecologico. Si sono manifestate delle evidenti carenze di capacità e di mezzi. Nel momento in cui si è capito che non si era in grado di affrontare in termini positivi l’emergenza, cinicamente, si è scelto di non fare nulla, come appare evidente a chi ha frequentato i luoghi del disastro. Questo è un atteggiamento di “procurato non allarme” che, credo, tradotto dal nostro Codice civile, debba ascriversi all’omissione di atti d’ufficio”.
“Inoltre - concludono - emergono anche altri
elementi critici:
• Principale responsabilità lombarda nella mancata attivazione
dell’emergenza. Non si è trattato del solo inquinamento del Lambro. Il
ricettore ultimo sarà il mare Adriatico. I lombardi avrebbero dovuto saperlo.
• Impreparazione ad affrontare emergenze ambientali in generale ed in
particolare della Protezione civile emiliano-romagnola (vedi l’invio di
attrezzature, pure sbagliate, da Tresigallo)
• Scarsità di mezzi e materiali (non sono stati usati, perché non
disponibili, prodotti chimici disaggreganti)
• Assenza di una visione territoriale (di bacino) nel valutare gli impatti del
disastro. È sembrato che
• Assenza di una regia unica come avviene sistematicamente su tutte le
tematiche legate al fiume. Prevalgono sempre le logiche amministrative (in realtà
sarebbe più corretto parlare di logiche politiche di governo); le regole in
vigore in sponda destra sono diverse da quelle della sponda sinistra
• AIPO (che poteva essere individuata come titolare dell’azione necessaria)
non regge alla prova dei fatti, troppo condizionata dalla politica, troppo
zavorrata da funzionari senza conoscenze necessarie ad affrontare queste
tematiche”.
Più di 2mila 500 metri cubi di petrolio e gasolio, finiti nel fiume Lambro. Un
dramma ecologico cominciato alle 3.30 di martedì. All´inizio si è pensato a
un attentato. Poi ci sono volute ore per scoprire la sorgente dell´onda nera,
che è stata individuata solo in mattinata: è la Lombarda Petroli, un deposito
di carburante a Villasanta, in provincia di Monza e Brianza.
Sabotaggio. I carabinieri visitano lo stabilimento e arrivano
presto al dunque: è stato un sabotaggio. Le indagini dicono che nella notte
qualcuno si è introdotto nell´azienda, una ex raffineria, dribblando controlli
e telecamere di serveglianza. «Chi ha agito sapeva dove colpire», dicono gli
investigatori. Intanto, la massa di olio puzzolente attraversa Milano uccidendo
le anatre nei parchi, imbratta i campi del Lodigiano e minaccia il Po, dove il
Lambro finisce la sua corsa. E mentre il prefetto di Milano mette in moto l´unità
anticrisi nel tentativo di rallentare la corsa dei veleni, e allerta tutti i
Comuni fino alla foce del Po, e la Provincia denuncia il «disastro ambientale»,
si affaccia un´ipotesi inquietante: l´apertura dolosa dei rubinetti del
gasolio potrebbe essere parte di una gigantesca speculazione edilizia.
Le sette cisterne. Alla Lombarda ci sono 20 cisterne, di cui
solo sette ancora in funzione: le uniche a essere state manomesse. «Chi ha
agito sapeva». In pochi minuti il deposito è sommerso da un blob nero che si
perde nei tombini, viaggia per 6 chilometri nelle fogne, intasa il depuratore di
Monza e si riversa nel Lambro. Tutto era stato calcolato, da chi ha provocato il
disastro ambientale. Nel Lambro finisce greggio a sufficienza per riempire 125
tir, e l´odore del petrolio vizia l´aria per chilometri. All´arrivo dei
carabinieri, i dipendenti della Lombarda Petroli fanno resistenza, vogliono
gestire da soli l´emergenza. Solo dopo le 8 i rubinetti delle cisterne
manomesse vengono chiusi.
Troppo carburante. L'attenzione degli inquirenti si concentra
anche sul fatto che nel deposito c´era troppo carburante, molto più di quanto
la Regione un anno fa aveva imposto di tenerne, decretando la "fine
lavori" per lo stabilimento. L´area dell´ex-raffineria dal 2005 è al
centro di un progetto di recupero approvato dal Comune di Villasanta, che
intascherà 28 milioni in cambio della concessione a costruire un quartiere di
309mila metri quadri. «Un affare da 500 milioni di euro», dice il sindaco
Emilio Merlo. A capo dell´affare immobiliare ci sono gli stessi proprietari
dell´ex raffineria: i cugini Tagliabue e la Addamiano Costruzioni di Nova
Milanese, che in Brianza ha firmato la milionaria e discussa riqualificazione
dell´ex-Autobianchi di Desio.
"Saranno puniti". «I responsabili saranno puniti»,
annuncia Dario Allevi, presidente della Provincia di Monza e Brianza. «Per
fortuna, sembra non ci sia stato danno per la salute pubblica», assicura la Asl
milanese. Ieri tutte le forze di soccorso disponibili in Lombardia hanno lottato
fino a sera per fermare la corsa del carburante verso valle: Protezione civile e
vigili del fuoco, sommozzatori ed elicotteristi, prefettura, Regione e
Provincia. Hanno steso file di galleggianti, hanno serrato le chiuse del fiume e
provato a pompare via il gasolio. Ma a sera nemmeno un litro della melma
puzzolente era stato stoccato in impianti ad hoc. Vista la portata della
fuoriuscita - «almeno 2.500 metri cubi» - la macchina dei soccorsi ha
faticato: a Milano il gasolio ha imbrattato gli argini e reso irrespirabile l´aria,
a Melegnano è esondato riempiendo cortili e terreni coltivati, e a sera è
arrivato vicino alla confluenza del Lambro col Po, dove ogni intervento è
impossibile.
c'è chi ha approfittato della patina oleosa per
sbarazzarsi di sostanze inquinanti
Po: bloccato
l'inquinamento da petrolio, ma scatta l'allarme per gli «sciacalli»
Niente acqua potabile a Porto Tolle e Adria per lo sversamento di 1.2 dicloroetano nel fiume
c'è chi ha approfittato della patina oleosa per
sbarazzarsi di sostanze inquinanti
Po: bloccato l'inquinamento da petrolio, ma scatta
l'allarme per gli «sciacalli»
Niente acqua potabile a Porto Tolle e Adria per lo
sversamento di 1.2 dicloroetano nel fiume
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Analisi dell'acqua del Po (Emmevi) |
MILANO - L'inquinamento del Po causato dallo sversamento di
centinaia di tonnellate di idrocarburi scaricate nel Lambro a causa del
sabotaggio della Lombarda Petroli, uno dei suoi affluenti, è stato quasi
totalmente fermato. Al momento nel Po «non ci sono tracce preoccupanti di
idrocarburi». Ad assicurarlo è
Una notizia confermata anche dalle analisi della Protezione civile. I riscontri
incrociati delle analisi di sei Arpa provinciali appartenenti a tre regioni
diverse «non hanno evidenziato lungo il Po valori da inquinamento di
idrocarburi a valle dell'Isola Serafini a Piacenza e della barriera di Polesella».
Lo ha reso noto il direttore della sezione Rischi Nazionali della Protezione
civile, Nicola Dell'Acqua, al termine della riunione dell'Unità di Crisi, di
cui è coordinatore. Pressoché la totalità della parte solida dell'ondata di
idrocarburi transitata dal Lambro al Po è stata quindi effettivamente fermata
dallo sbarramento di isola Serafini nel Piacentino.
IN AZIONE GLI SCIACALLI - Ma se l'allarme
idrocarburi sembra rientrato vi sono ancora problemi per alcuni comuni vicini al
fiume come Porto Tolle e Adria dove i sindaci hanno vietato l'utilizzo
dell'acqua del rubinetto per scopi potabili e alimentari a causa di un
inquinamento da 1.2 dicloroetano. Approfittando del velo oleoso provocato
dagli idrocarburi che non permetteva di far vedere immediatamente l'ingresso in
acqua delle sostanze inquinanti infatti alcuni criminali hanno provveduto a
versare nel Po l'1,2 dicloroetano. Quest'ultimo conosciuto anche come cloruro di
etilene è un composto cancerogeno, molto infiammabile, nocivo ed irritante per
le vie respiratorie. Il suo principale utilizzo è come intermedio nella sintesi
del cloruro di vinile , a sua volta precursore del Pvc (il polivinilcloruro, che
è una delle materie plastiche di maggior consumo al mondo), ma è anche usato
come agente sgrassante e diluente per vernici. «Il danno alle popolazioni
deltizie, alle attività produttive e alla natura rischia così di essere
veramente grave e inaccettabile – ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente del
WWF Italia – Chiediamo che tutte le istituzioni preposte sul territorio e in
particolare Regioni e Province, avviino controlli urgenti su tutte le possibili
situazioni a ‘rischio scarico’ lungo il Lambro, il Po e i suoi principali
rami».
GALAN - Sulla vicenda è intervenuto anche
il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan: «Stiano tranquilli che
saranno scoperti coloro che hanno approfittato dell'emergenza idrocarburi nel Po
per liberarsi di altre sostanze inquinanti» Il governatore del Veneto non ha
dubbi sulle cause del nuovo allarme inquinamento affiorato sul Po polesano: «i
dicloroetani non c'entrano con gli idrocarburi - sottolinea Galan - è evidente
che qualche sciacallo ne ha approfittato. Ma fin dal primo momento di questa
emergenza
Redazione online
01 marzo 2010(ultima modifica: 02 marzo 2010)
AMBIENTE
& SALUTE |
Caccia agli inquinatori del Parco dello Strone |
domenica 07 marzo 2010 |
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POLESELLA L’Udc denuncia lo stato dello scolo |
Poazzo inquinato Altra moria di pesce |
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|
Oltre alla schiuma superficiale e agli odori nauseabondi, è
tornata, puntuale, la moria di pesce. In questi giorni sono state
trovate, lungo il corso dello scolo, delle carcasse di pesci siluro, di
dimensioni anche superiori al metro di lunghezza. Il fatto ha destato
nuovo e giustificato allarme. Il gruppo dell'Udc di Polesella si è
riunito d'urgenza per fare il punto su questa grave situazione di
inquinamento ambientale, stilando un comunicato che sintetizza lo sdegno
nei confronti di questo ennesimo episodio che non va nella direzione di
un'eventuale risoluzione del problema ambientale. È Sauro Periotto a
farsi portavoce del gruppo e a far presente come la situazione sia già
stata «denunciata ripetutamente nel corso degli ultimi anni sia da
privati cittadini che dal Comitato costituitosi "ad hoc" nel
2007, ma anche da un comitato precedente costituitosi nel lontano 2000».
Secondo il gruppo «già da tempo sono state individuate le manovre da
adottare per ridurre ed eliminare definitivamente il problema che una
popolazione deve subire per le inadempienze di altre amministrazioni
locali». Si punta il dito ancora una volta contro il depuratore di
Occhiobello, come «pure di qualche impianto industriale privato che
sicuramente va a incidere sul livello di tossicità delle acque».
L'inquinamento del Mainarda e del Santa Maria è un dato da tempo
accertato. La moria della fauna ittica di questi ultimi giorni ha
inasprito gli animi e i toni: lo scorso giovedì una troupe televisiva
di Canale Italia ha addirittura confezionato un servizio sullo stato di
inquinamento delle acque dal Mainarda sino al Poazzo. Tornano a
protestare i residenti, torna a protestare il comitato Salviamo il
Poazzo e a preoccuparsi per l'incolumità di chi vive nei pressi dello
scolo: il fetore di questi giorni ha reso l'aria quasi irrespirabile e
la moria di pesce ha completato un quadro allarmante. |
Inquinamento
da Ddt nel Lago Maggiore, l'Eni non si rassegna
Si
tratta di una delle multe più sostanziose mai comminate per un reato ambientale, quella che il Tribunale di Torino ha
inflitto all'Eni.
1,9
miliardi di euro
per l'inquinamento delle acque del Lago
Maggiore provocato dallo Stabilimento
Syndial di Pieve Vergonte tra il 1990 e il 1996.
La
sostanza chimica sotto accusa è il Ddt,
prodotto fino al 1997 proprio nell'impianto chimico di proprietà della ex-Enichem.
Naturalmente
l'Eni non ci sta e
presenta ricorso, ma ricostruiamo un po' i fatti.
Continua
da sopra:
Nel
1996 il laboratorio cantonale di Lugano segnala una "contaminazione
diffusa" da Ddt nei pesci
del lago, superiore ai limiti fissati dalla legge elvetica.
Successivamente
anche le autorità italiane fanno le loro analisi, riscontrando una
contaminazione fuori norma.
Risultato:
la pesca viene vietata,
stesso discorso per il consumo di pesce locale, con danni per tutto il settore,
senza considerare quelli relativi alla salute.
Solo
un anno dopo nell'aprile del
Ma
come arrivava il Ddt nel Lago Maggiore? Semplice, insieme ad altre sostanze
pericolose (come il mercurio ad esempio), veniva riversato nel torrente Marmazza, passava poi nel fiume
Toce e finiva quindi nelle acque del lago.
La
multa decisa dal Tribunale di Torino, oltre alla bonifica
del sito dove si trovava l'impianto (tuttora in corso), è anche
inferiore rispetto a quella proposta dal ministero dell'ambiente, che aveva
richiesto 2,396 miliardi di euro.
Se
la condanna fosse confermata si tratterebbe di una delle punizioni più
consistenti mai inflitte per un danno ambientale.
Per
un approfondimento leggi Stabilimento chimico di Pieve Vergonte
Via
Varese
News
La crescita e l'importanza dello stabilimento avvenne di fatto nel dopoguerra quando, oltre alle precedenti, furono aggiunte nuove linee di produzione: cloro-soda con celle Krebbs, oleum, acido clorosolfonico, ammoniaca sintetica da cracking di metano, solfuro di carbonio, cloralio, DDT, acido ossalico, acido formico, fertilizzanti a base di N-P-K, mono e diclorobenzeni, solfato ammonico e tetracloruro di carbonio.
Lo stabilimento visto dalla superstrada del Sempione
A partire dagli anni sessanta ci fu una parziale riconversione delle linee di produzione che fece cessare, nel 1965, la produzione del solfuro di carbonio e, nel 1972, quella dell'acido formico e l'arrostimento della pirite. Negli anni successivi venne fermata la produzione di ammoniaca, di acido ossalico e solfato ammonico (1975), dei fertilizzanti (1976) e del tetracloruro di carbonio (1990); nel 1974 è inoltre cessata la lavorazione del cloro-soda per mezzo delle celle Krebbs.
Vennero però aggiunti nuovi impianti e nuove linee di produzione per sostituire le precedenti: impianto elettrolisi con celle De Nora ad amalgama e nuovo impianto mono e diclorobenzene (1961), forno a zolfo per acido solforico (1972), mono e diclorotolueni (1985), termocombustore (1993) e abbattitore Sox (1994).
Il cartello dell'uscita Pieve Vergonte indicante lo stabilimento già EniChem Synthesis
Quando lo stabilimento venne fondato era di proprietà della società Stabilimenti
di Rumianca, divenuta Rumianca
S.p.A. nel 1941.
Nel 1967
A seguito della crisi irreversibile del gruppo, che dette poi luogo ad una
lunga serie di cause giudiziarie [1],
il legislatore decise, con
Nei primi mesi del 1996 una rilevazione fatta dal Laboratorio Cantonale di Lugano (Svizzera) sulle acque del Lago Maggiore denunciò un'allarmante presenza di DDT nei pesci del bacino; venne quindi messa gravemente in discussione la produzione di tale sostanza che, insieme ad altre rifiuti di scarto come il mercurio, venivano scaricate nel torrente Marmazza, dove poi finivano nel fiume Toce e quindi nel lago. Così l'11 giugno 1996 le autorità italiane effettuarono anch'esse analisi sui pesci, trovando una contaminazione che superava i limiti di legge; per questo la pesca e il consumo di pesce locale fu vietato in tutto il bacino del lago Maggiore.
Il 17 giugno 1996 il Ministero dell'Ambiente bloccò provvisoriamente lo scarico idrico dell'impianto DDT, e ordinava la rimozione e smaltimento dei rifiuti giacenti, comprese le ceneri di pirite, la messa in sicurezza dei siti di immagazzinamento, il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, del suolo e del sottosuolo. Furono quindi istituite due commissioni di analisi che portarono alla chiusura definitiva dell'impianto di produzione del DDT in data 17 aprile 1997.
La sospensione della produzione del DDT portò, il 30 giugno 1997, alla conseguente chiusura delle linee produttive del cloralio (intermedio per la sintesi del DDT) e dell'acido clorosolfonico. Il 1º gennaio 1997 la nuova linea produttiva era già così costituita: linea cloro-soda (cloro, soda caustica, ipoclorito di sodio, idrogeno), linea acido solforico (acido solforico, oleum, bisolfito sodico), linea cloroaromatici (clorobenzene, diclorobenzeni, clorotoluene, diclorotolueni).
A seguito poi del piano di ristrutturazione presentato dall'EniChem nel 1991 che prevedeva, tra i vari punti, l'uscità dal settore della chimica secondaria e fine, il 1º luglio 1997 gli impianti produttivi sono passati dall'EniChem alla società belga Tessenderlo Italia Srl. Attualmente, dell'intero stabilimento originario, è attiva solo una parte, gestita appunto dalla Tessenderlo ma i terreni, come quelli dell'area rimanente dismessa, sono tuttora di proprietà dell'EniChem.
Dopo lo scandalo del DDT lo stabilimento ha perso l'importanza che aveva in passato; nel corso degli anni la società Tessenderlo Italia ha soppresso diverse linee di produzione.
Nel mese di novembre del 2007, dopo la presentazione in estate di un piano industriale assai poco convincente, la proprietà ha reso noto un contatto con un'azienda chimica veneta che sarebbe interessata, come partner, a produrre nello stabilimento acido cloridrico e chimici primari per la conceria,poi in futuro anche la conversione delle celle elettrolitiche da mercurio a membrana e anche la possibilita'di produzione di circa 8mw di elettricita' usando il sistema delle fuel-cells con utilizzo dell'idrogeno produtto dall'elettrolisi. Attualmente si sta studiando dove posizionare i macchinari per queste nuove produzioni; il punto più indicato è quello dell'area dove in passato si produceva il DDT che è però sotto bonifica da parte della SyndialI lavori termineranno fra un anno e mezzo circa.
Altro punto indicato è quello dell'attuale area cloro-soda per cui Tessenderlo, in estate, aveva annunciato la chiusura per il 20 dicembre 2007; sempre in novembre però, Tessenderlo ha invece ribadito la possibilità di continuare con queste produzioni. La conferma è stata data nel mese di maggio 2008 quando, con la presentazione del nuovo piano industriale per il triennio 2008/2011, Tessenderlo ha annunciato l'intenzione di mantenere l'impianto cloro-soda e di potenziare quello per la produzione di clorotolueni; verrà invece chiuso, per motivi di competitività, l'impianto per la produzione di clorobenzeni, attivo dal lontano 1961.
Oltre all'inquinamento da DDT (sopra citato), l'area dello stabilimento è purtroppo inquinata in maniera assai grave per la grande attività lavorativa della fabbrica degli ultimi 100 anni. [2] In modo particolare il terreno e le falde acquifere limitrofe risultato pesantemente contaminate da mercurio, arsenico, cloroderivati e altri veleni.
Nel 1998 la legge 426 inserì lo stabilimento di Pieve Vergonte fra le 16 aree ad elevato rischio ambientale prevedendo lavori di bonifica del sito. Oltre a Pieve Vergonte, la legge prevedeva la bonifica dei siti industriali di Porto Marghera, Cengio, Napoli orientale, Gela e Priolo, Manfredonia, Brindisi, Taranto, Piombino, Massa e Carrara, Casale Monferrato, litorale domizio-flegreo e Agro Aversano, Pitelli (La Spezia) e Balangero.
La Syndial (ex EniChem) ha garantito la bonifica della zona ma il tutto procede a rilento, anche per la grande quantità di lavoro da fare. Nel 2001 è stato costruito un depuratore (gestito da Syndial) a fianco degli impianti in modo da depurare le acque presenti nella falda sotterranea, estratte da pozzi interni; con questo sbarramento idraulico le acque inquinate dalle terre soprastanti, intrise dai veleni sopra citati, dovrebbero defluire pulite nel Toce e quindi nel Lago Maggiore.
PESCARE GIUGNO 2008
NATIONAL GEOGRAFIC
APRIAMO GLI OCCHI E GUARDIAMO IL CIELO.PDF
VIAGGIO TRA I MALI DEL GRANDE FIUME.PDF
Ignoti avrebbero versato sostanze tossiche nell'acqua, provocando un grave danno ambientale e la morte di tutti i pesci nell'emissario Boniolo, a Baricetta. I campioni analizzati dai tecnici Arpav
Rovigo, 28 maggio 2008 - Allarme per la moria di centinaia di pesci di ogni dimensione, fra i quali anche alcuni grandi siluri, rilevata nello scolo ‘Emissario Boniolo’ nei pressi dell’idrovora Canton Basso di Baricetta.
L’ipotesi più accreditata, confermata anche dall’assessore comunale all’Ambiente che ha relazionato in consiglio comunale, è che la moria di una quantità così ingente di pesce sia dovuta allo sversamento da parte di ignoti, difficilmente rintracciabili, di materiale tossico derivante magari dal lavaggio di qualche cisterna. Forse qualcuno nei giorni scorsi, approfittando delle piogge abbondanti, ha versato nel corso d’acqua sostanze tossico nocive o fertilizzanti usati in agricoltura che sono stati letali per i pesci.
Non appena ricevuta notizia, l’assessore Ferro ha messo in atto le necessarie procedure previste in questi casi e ieri mattina si è svolto in Comune un incontro. Si è appreso che la bonifica dell’area interessata sarà svolta da Polaris, mentre con apposita ordinanza sindacale verranno vietate la pesca e l’irrigazione con l’acqua del Boniolo, in attesa dell’esito delle analisi. Ci sono volute circa tre ore lunedì sera prima che i tecnici del consorzio di bonifica Polesine Adige Canalbianco, dopo essere stati avvisati della presenza dei pesci morti, disattivassero verso mezzanotte le apparecchiature di sollevamento dell’idrovora, per cui molte carcasse erano state nel frattempo tritate.
Sul posto di questo disastro ambientale si sono radunati molti
cittadini, lo stesso assessore Ferro ed il consigliere comunale del
gruppo civico ’15 Aprile
Il servizio veterinario dell’Azienda Ulss 19 è intervenuto sul luogo assieme all’Istituto zooprofilattico di Adria. L’esame degli esperti sul pesce, in prevalenza siluri, carpe e luccioperca, esclude come causa di morte la presenza di malattie infettive e parassitarie, dando come possibile causa l’avvelenamento da idrocarburi o sostanze analoghe. Campioni di acqua e di materiale in sospensione sono stati prelevati dall’Arpav di Rovigo per accertare la presenza di sostanze inquinanti.
di Adelino Polo
Monticelli - Schiuma nel Po: l'esito dei controlli Arpa
«Scarichi
di case e allevamenti»
MONTICELLI - Tensioattivi e agglomerati proteici derivati da
aziende zootecniche: ecco l'origine delle strisce di schiuma diffuse per
centinaia di metri lungo la superficie del Po, a valle dello sbarramento
idroelettrico di Isola Serafini. E' quanto emerso dai controlli dell'Arpa, che
è intervenuta per verificare la situazione di cui abbiamo riferito ieri. I
tecnici piacentini, che hanno riceanche dopo la segnalazione di alcuni
appassionati del Grande Fiume, hanno fatto i rilievi e i campionamenti del caso.
Le analisi per definire il carico organico e la concentrazione di tensioattivi
sono in corso, ma di fatto, spiega Vittorino Francani dell'Arpa Valdarda, è già
possibile identificare la presenza di tensioattivi e agglomerati proteici,
derivati con molta probabilità da acque di natura domestica e zootecnica.
Altrettanto certa, dice l'esperto, è l'assenza di idrocarburi in superficie. «Non
è un evento eccezionale - precisa Francani -. Sul Po può accadere alcune volte
l'anno che si verifichi una situazione anomala come questa. Capita quando le
condizioni meteo sono tali da consentire un forte dilavamento dei canali e
torrenti immissari o l'attivazione del sistema di bypass degli impianti». Per
evitare che un eccessivo carico d'acqua sollevi i fanghi di depurazione e crei
problemi agli impianti di scarico di abitazioni e aziende, infatti, si attiva
automaticamente il "sistema di bypass", che devia le acque
direttamente nel fiume.
a. s.
05
Giugno, 2008
Provincia CR: Commissione Ambiente su Po e Tamoil
Un consiglio provinciale sul tema del Po, aperto alle istituzioni, associazioni,
enti che a livello regionale e nazionale si occupano del Grande fiume, da
tenersi subito dopo la pausa estiva.
E’ la proposta scaturita dalla commissione Ambiente della Provincia, riunita
per discutere di due mozioni, presentate dai consiglieri Giampaolo Dusi del Prc
e da Carlo Rusca del Gruppo delle libertà.Entrambe le mozioni esprimono la
preoccupazione per come sono andate le cose dopo il Congresso nazionale del Po
tenutosi a Piacenza, dove la Provincia di Cremona, con il sostegno della Regione
Lombardia e anche dell’Emilia Romagna, aveva proposto un progetto di utilizzo
multifunzione del Po, che ha come cardine la regimazione del tratto medio del
fiume, al fine di consentirne la navigabilità, l’uso irriguo delle acque e la
produzione di energia idroelettrica, ma anche una rinaturalizzazione delle
sponde e la promozione turistica.
Invece i 180 milioni stanziati dalla Finanziaria del precedente governo
verrebbero utilizzati dall’Aipo per la realizzazione del proprio progetto, che
prevede una sistemazione idraulica a corrente libera, che secondo la commissione
non risolve i problemi o li risolve solo parzialmente.
Lo ha ammesso lo stesso presidente della Provincia Giuseppe Torchio, secondo il
quale vi sono da superare alcune criticità, riferibili, ha detto, al Piemonte e
al disinteresse del Veneto, anche se la Commissione europea dei Trasporti pare
orientata a procedere concretamente.
Tuttavia, Torchio ha detto di preferire considerare la parte mezza piena del
bicchiere: 81 milioni di euro, infatti, verranno destinati al riassetto
idraulico, all’aumento della capacità di laminazione delle fasce fluviali e
alla ricostruzione morfologica dell’alveo di piena. E questo, ha affermato,
non è ininfluente anche ai fini di una migliore navigabilità del fiume. Quasi
cinquanta milioni serviranno inoltre per azioni mirate alla conservazione
dell’integrità ecologica della fascia fluviale e della risorsa idrica. Con
altri quaranta milioni si interverrà sul sistema della fruizione e
dell’offerta culturale e turistica.
Torchio ha concluso affermando la necessità di un coordinamento con l’Autorità
di bacino e con l’Aipo per procedere uniti sulle opere che vogliamo realizzare
nel nostro territorio.
Il consigliere Sandro Gugliermetto (Partito democratico) ha spostato l’asse
dell’attenzione. Le due mozioni, ha detto, pur valide e condivisibili parlano
solo a noi stessi. La verità è che non siamo ancora riusciti a far comprendere
che il tema del Po, la necessità della sua regimazione non è un problema
locale, ma nazionale ed europeo. Più che di tecnici e di progetti, dunque,
abbiamo bisogno di un progetto di comunicazione, di coinvolgimento, di
convincimento. A dimostrazione di questo Gugliermetto ha citato il documento di
due associazioni ambientaliste, secondo le quali si dovrebbe negare, per ragioni
ambientali, la navigazione commerciale, cioè il trasporto di merci, lungo il
Po, quando proprio ragioni ambientali ne dovrebbero suggerire lo sviluppo!
Al secondo punto dell’ordine del giorno della seduta era un aggiornamento
sulla situazione dell’inquinamento nell’area esterna alla Tamoil da parte
del direttore dell’Arpa Paolo Beati, con particolare riferimento agli ultimi
avvenimenti, che hanno portato all’ordinanza di chiusura della Canottieri
Bissolati a causa del gas potenzialmente esplosivo spinto in superficie dalla
piena del Po dei giorni scorsi. Il dottor Beati ha ripercorso le tappe della
vicenda, con i quattro anni di rilievi e interventi sull’inquinamento del
terreno e delle falde, fino ai rilievi dei gas interstiziali, eseguito questa
primavera.Il fenomeno della risalita dei gas in superficie, ha detto, è
avvenuto ad ogni piena del Po. Questa volta si sapeva della loro esistenza, e
quindi il fenomeno è stato segnalato.
Alla contestazione del fatto che la segnalazione fosse arrivata da un addetto
della Canottieri e non preventivamente dalla stessa Arpa, Beati ha risposto che
una tale previsione non poteva essere fatta. E ha aggiunto che sotto l’aspetto
ambientale in realtà non è successo nulla di rilevante, in quanto i gas non
sono usciti nell’atmosfera ma si sono incanalati in pozzetti o alcuni ambienti
chiusi e permeabili rispetto al terreno. I vigili del fuoco, invece, hanno
rilevato un potenziale pericolo per l’incolumità delle persone per possibili
esplosioni, e questo ha provocato l’ordinanza di chiusura. Anche i dati sui
gas, ha concluso Beati, confermano le conoscenze già ottenute dai rilievi
precedenti circa il perimetro interessato all’inquinamento del sottosuolo.
Naturalmente il dibattito si è vivacizzato intorno al ruolo dell’Arpa e alla
mancata, secondo il presidente della commissione Andrea Ladina, segnalazione del
problema. Il consigliere Tamagni del Pd, ha apprezzato il lavoro dell’Arpa,
che ha giudicato serio, e si è detto soddisfatto “non della situazione, ma
del fatto che tutti i dati confermano che non è cambiata rispetto a quanto si
sapeva, e questo significa che i primi interventi stanno funzionando”.
Sandro Gugliermetto ha chiesto se si possa parlare di bonifica per l’intera
area. Beati ha ribadito che per l’area interna allo stabilimento parlare di
bonifica è improprio finché la produzione resta attiva: si può parlare di
messa in sicurezza, mentre per l’area esterna una bonifica è possibile, una
volta ottenuti dati definitivi. E’ solo una questione di costi.
Beati ha infine accennato a una proposta che l’Arpa di Cremona sta portando
avanti: la realizzazione di una rete di cinque centraline fisse, una mobile e
degli strumenti di rilevamento ai camini delle principali aziende, collegate fra
di loro, con l’obiettivo di monitorare “in continuo” l’aria e la
ricaduta reale delle emissioni in città.
LIBERTA' di giovedì 6 marzo 2008 >
Provincia
La Regione ha approvato il Piano ittico improntato alla difesa
degli habitat e del ripopolamento di specie autoctone
Un milione
di pesci per far vivere i fiumi
Aveto e Trebbia i corsi d'acqua più pescosi, ma le insidie sono
tante
Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente
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BRACCONIERI NEL TICINO: ROM PESCANO PESCI SILURO ED I CINESI PESCANO CON UCCELLI PREDATORI LEGATI |
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BRACCONIERI NEL TICINO RUMENI PESCANO PESCI SILURO DA INVIARE IN ROMANIA MENTRE I CINESI PESCANO CON L’AUSILIO DI UCCELLI PREDATORI LEGATI LUNGO LE RIVE DEI CORSI D’ACQUA IN LOMBARDIA E PIEMONTE. Milano/Novara (14 luglio 2007) Il fenomeno è allarmante e per questo motivo l’associazione italiana difesa animali ed ambiente che ha raccolto segnalazioni in merito alla pesca di frodo che avviene nel fiume Ticino ad opera di bracconieri di origine cinese e di etnia rom rumena ha deciso di continuare a raccogliere le segnalazioni e di presentare poi un’esposto dettagliato alle procure della repubblica di Milano, Abbiategrasso e Novara. Il fenomeno della pesca di frodo nelle ore notturne è un fenomeno piuttosto diffuso nel ticino come nel Po, dove cittadini di etnia rom di origine rumena pescano di frode durante le ore notturne con l’ausili di barche e di corrente elettrica, in questo caso, secondo le indicazioni giunte all’associazione animalista AIDAA i bracconieri punterebbero principalmente ai pesci siluro, pesci onnivori di enormi dimensioni, considerati molto pregiati sul mercato ittico dei paesi dell’est Europa. I pesci una volta pescati e sezionati sarebbero conservati in congelatori e inviati entro pochi giorni con camion-frigorifero che transitano sull’autostrada Milano-Torino direttamente in Romania ovviamente in maniera illegale. Ma il fenomeno non si ferma alla pesca notturna dei bracconieri rom e rumeni le cui ultime “prodezze” sarebbero state segnalate nella zona di Bernate Ticino e sulla corrispondente sponda novarese. Infatti in più di un’occasione gli stessi guardia parco del Parco del Ticino hanno fermato dei bracconieri cinesi ed asiatici intenti a pescare di frodo per poi utilizzare il pesce a scopo commerciale rivendendolo ai ristoranti. Particolarmente curioso il metodo escogitato dai cinesi per ottenere grosse quantità di pesce in poche ore: secondo un’antico metodo in uso nei paesi orientali infatti i cinesi raggiungono il ticino su entrambe le sponde utilizzando per pescare uccelli che a loro volta si cibano di pesce. Gli uccelli vengono legati e posizionati lungo i corsi d’acqua (ticino e sistema navigli e villoresi sulla sponda lombarda e canale regina sulla sponda piemontese), quando gli uccelli catturano un pesce questo gli viene strappato dalla bocca e poi rivenduto ai ristoranti. “Sia il fenomeno della pesca di fronde con gli elettrostorditori praticata dai rumeni di notte di cui abbiamo avuto alcune segnalazioni in questi giorni, sia la pratica della pesca con gli uccelli predatori usata dai cinesi di cui abbiamo ampie conferme anche dai guardia parchi del Ticino- ci dice Lorenzo Croce presidente nazionale AIDAA- sono da condannare, e nel secondo caso crediamo che si presuppongano anche i reati di matrattamenti a danno degli uccelli usati per cacciare. Gravissimo inoltre- conclude Croce- che i pesci pescati di frodo finiscano sulle tavole dei ristoranti di qualunque etnia siano, in quanto non sono sottoposti ai controlli previsti dalla legge, su questo speriamo intervengano le autorità competenti, noi siamo sempre disponibili a fornire le segnalazioni ricevute a chi di dovere”. |
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Autore: Lorenzo Croce |
«Angeli custodi» del pesce siluro in
guerra contro l'inquinamento |
CREMONA
— Ecopescatori e angeli del Po e di tutti i corsi d'acqua dove vanno a
pesca. Sono gli iscritti alla Associazione Gruppo Siluro Italia, oltre
duecento soci, concentrati principalmente tra Lombardia ed Emilia Romagna.
Una sorta di sfida quella intrapresa dall'associazione, che fin dal suo
nascere aveva al primo posto la tutela degli ambienti fluviali. Una sfida
contro tutti quelli che ritengono il solo pesce siluro come responsabile
del degrado ambientale. Fotografie, video girati sia di giorno che di
notte a testimoniare di quanto male ancora si va facendo lungo i fiumi, il
Po prima di tutti. |
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