Spagna: brividi da due metri
Testo e foto di Yuri Grisendi
Quali parole per descrivere un paradiso per la pesca
sportiva: carpe a volontà, luciperca a caterve e siluri a non finire, il tutto
immerso in un paesaggio mozzafiato, tra macchia mediterranea e montagne
granitiche, dove, come incastonati
tra esse, i due immensi laghi spagnoli, il Mequinenza e il Riba-roja, ne fanno
da padroni.
Sono partito dall’Italia, per provare a catturare almeno uno degli ormai mitici siluri presenti in queste acque, accompagnato da due grandi amici, i quali hanno voluto condividere con me questa straordinaria esperienza in terra spagnola, e tutti e due sono di vostra sicura conoscenza.
Ho avuto il piacere di vedere in azione Andrea Baldeschi, venuto fin qui per tentare di insidiare le grosse carpe presenti, soprattutto nell’"Embalse de Riba-roja", ed il ricercatore Stefano Micheletti, autore degli articoli sulla biologia della carpa, che appariranno su tutti i numeri della rivista "Tutto carpa e siluri".
Il posto Mequinenza è un paesino che si trova circa a
metà strada tra le città di Barcellona e Saragoza, e dista dal confine
italiano di Ventimiglia un migliaio di chilometri. Costeggiando la costa
Azzurra e |
Ero convinto di poter applicare le stesse ed infallibili tecniche utilizzate nei nostri fiumi, per la cattura dei siluri, le quali in questi anni mi hanno dato piacevoli soddisfazioni, come la pesca con il clonk e la pesca a fondo.
L’unica differenza evidente, era che mi accingevo a pescare
in acque pressoché ferme rispetto l’impetuosa forza della corrente del Po,
condizione che avevo trovato fino ad oggi solo pescando da riva sui laghi di
Mantova. Ero curioso di vedere se bastava la leggera deriva causata dal vento ed
il movimento dell’acqua del lago, per far funzionare il richiamo prodotto dal
clonk.
Purtroppo solo il primo giorno ebbi la fortuna di imbattermi in un gruppo di siluri ben recettivi al flop-flop prodotto da questo, diciamolo pure, strano pezzo di legno, infatti, si staccarono velocemente dal fondale per posizionarsi sotto la verticale dello scafo alla ricerca della fonte sonora, ma nessuno di loro ebbe la minima intenzione di concedermi un attacco alle favolose anguille che gli avevo offerto com’esca, e che avevo portato fin dall’Italia in un recipiente con ossigenatore.
La storia A partire dalla metà
degli anni ‘80, anni in cui si registrano le prime catture di siluri
in questo lago, in pochissimo tempo Mequinenza è divenuta "la
Mecca del siluro", grazie alle innumerevoli catture |
Anche qui, forse, come sta succedendo da noi, l’abuso di questo richiamo ha prodotto un effetto negativo, aumentando la diffidenza dei pesci verso le imbarcazioni che galleggiano sopra le loro teste.
La pioggia e il forte vento, che caratterizzarono i successivi giorni, m’impedirono poi addirittura di pescare correttamente, pur insistendo con il richiamo in diversi punti del lago e calando addirittura diverse lenze a fondo, non vidi nessun "baffo nero" sul monitor del mio "Eagle" salire dal fondale, indice della presenza di siluri entrati in attività. L’unica tecnica che riuscivamo ad applicare in maniera regolare e corretta, era quella con l’uso della boa a galla, una tecnica di origine tedesca, ed applicata spesso qua in Spagna con qualche piccola variante, perciò decidemmo di concentrarci solo su questo modo di pescare, che devo dire si è dimostrato l’unico efficace in queste acque.
Questo a dimostrazione che la modestia non è mai
abbastanza, quando si crede di aver imparato tutte le tecniche e le astuzie
necessarie per far fronte a qualsiasi condizione di pesca, ecco che ne salta
fuori un'altra completamente nuova, che ti mette in pratica a tappeto, facendoti
sentire un novellino alle prime armi. Bisogna avere la consapevolezza che non si
è mai appreso abbastanza, bisogna aprire la mente a qualsiasi nuovo
"input", senza avere la pretesa egoistica di quello che sa tutto e non
sbaglia mai.
La mattina del terzo giorno fummo protagonisti di una sorprendente scoperta: in Spagna, o perlomeno nel circondario Aragonese del lago, mentre si pesca non ci si può allontanare dalle canne.
A farne le spese, di quest’assurda
regola piscatoria, sono proprio stato io, infatti, appena posizionato le canne
sulla riva accanto ad Andrea e a Stefano per stare un po’ in compagnia (di
solito pescavamo in posti differenti), mi sono allontanato qualche minuto con la
barca per sondare accuratamente, con l’ausilio dell’ecoscandaglio, tutta la
zona alla ricerca di posti magari migliori. Erano passati pochi minuti, quando
Andrea mi chiama sul telefonino e mi dice di tornare a riva perché c’erano i
guardapesca.
Torno indietro del tutto tranquillo in quanto pensavo di essere in regola, perché avevo sia la licenza annuale di pesca sia il permesso settimanale per l’uso dell’imbarcazione. Arrivato a riva mi avvicino ad una delle guardie e favorisco tutti i documenti in mio possesso, e a questo punto, con mio grande stupore, scopro di aver commesso una grave infrazione ad essermi allontanato dalle canne, punibile con una sanzione amministrativa e addirittura con il sequestro dell’attrezzatura.
Allora Andrea ed io sfoggiamo tutto il nostro"savoir-faire" e spieghiamo gentilmente alla guardia, in un misto d’italiano, spagnolo e francese, la ragione per cui mi ero allontanato, chiarendo fin da subito che eravamo allo scuro di una tale normativa, in quanto da noi non esiste niente di simile. Spieghiamo con cura che veniamo dall’Italia per fare un servizio giornalistico sulla pesca nel loro lago, che questo servizio sarà pubblicato su di una nota rivista italiana di pesca, perciò una bella pubblicità gratuita per il loro turismo.
Risultato: verbale con
conseguente multa e sequestro di una canna con mulinello! Se questo non è
sufficiente, scopriamo che la multa ci sarà recapitata una volta tornati a casa
dopo circa due mesi, quando l’ufficio competente avrà deciso l’ammontare
della sanzione, poi previo pagamento di quest’ultima ci sarà rispedita anche
l’attrezzatura, con spese a nostro carico: siamo al colmo dei colmi!
Proprio ora che sto scrivendo è arrivata una lettera dalla Spagna, dove in un perfetto italiano leggo che l’ufficio competente ha stabilito, per fortuna, che sono passibile dell’ammenda minima, ossia 10.000 Pesetas, mentre in un perfetto spagnolo (non mi sembra di ricordare che lo spagnolo sia divenuto la lingua d’uso nelle questioni internazionale) sono descritte le modalità per un eventuale mio ricorso.
La coscienza ambientalista e il rispetto per l’ittiofauna del pescatore moderno, è costantemente in aumento, ci preoccupiamo di salpare il pesce con la massima cura con tanto di materassino di ricezione, lo disinfettiamo, lo rilasciamo e ci vediamo multare perché non avevamo la canna a portata di mano, come diceva il vecchio presidente Scalfaro: io no non ci sto!
La tecnica utilizzata Avrete di certo provato a pescare i siluri a galla
sulle rive di un lago utilizzando il galleggiante, in una giornata
particolarmente ventosa, e vi sarete sicuramente resi conto che la lenza
rimane ferma nel punto in cui l’avete lanciata per pochi minuti, per
poi scarrocciare lentamente, ma inesorabilmente, verso riva. Questa
situazione, è quella che mi sono trovato di fronte in Spagna, ossia,
acque pressoché ferme, ma un vento continuo da varie direzioni, che non
permetteva assolutamente di pescare a galla con il galleggiante per
insidiare i grossi siluri entrati in caccia. La soluzione del problema
è molto semplice e può essere applicata anche in tratti di fiume con
correnti medio-lente, ma include l’ausilio di un’imbarcazione e la
collaborazione di almeno due persone. La montatura da utilizzare con
questo sistema è un po’ particolare, essa è composta dall’amo, da
un finale di circa 1 metro e mezzo, da una robusta girella con
moschettone cui è fissata un’altra girella più piccola (che servirà
per il posizionamento dell’impianto), da un salvanodo e da un piombo
di 100 grammi, che nel caso l’esca tenda a rimanere troppo a galla, si
può posizionare direttamente sopra l’occhiello dell’amo. Una volta
individuato il luogo adatto per bagnare le nostre montature, si
posizionano a diversi |
In ogni caso non ci siamo fatti distrarre da quest’inconveniente, e abbiamo continuato la nostra azione di pesca, ma malgrado tutta la nostra buona volontà, la perfetta messa in opera del sistema della boa, l’esca indiscutibilmente adatta, non ottenemmo, nei primi tre giorni, nessun risultato.
La stessa cosa stava capitando agli altri numerosi pescatori stranieri e locali
che frequentavano i due bacini, per questo ci consolavamo, pensando che
sicuramente non era colpa nostra, ma che qualcosa nell’acqua o nei pesci non
andava per il verso giusto. Fu a quel punto che Claude, la nostra espertissima
guida dell’"Halieutique
Service", ebbe un atroce dubbio, e ci
fece partecipi di questo suo pensiero:
"Forse è già iniziata la frega".
Guardai Andrea con la faccia impietrita, nella speranza di una sua secca smentita di quest’affermazione, visto che eravamo solo alla metà d’aprile, invece purtroppo confermò dicendo che, in effetti, le piogge calde degli ultimi giorni potrebbero aver innescato quest’annuale rito d’accoppiamento, e questo spiegherebbe anche la riluttanza delle grosse carpe ad assaporare le deliziose boiles che aveva con cura preparato per questa missione in terra spagnola.
Tutti noi pescatori sappiamo benissimo, come in questo periodo le abboccate si diradano, fino a farsi nulle, condannandoci a delle " bianche" paurose!
Non ci restava che constatare almeno quanto avevamo supposto: di certo le sponde del lago Riba-roja non si prestano per niente all’accoglienza di pesci in frega, sia per l’elevata profondità del fondale, sia per la scarsità di rifugi naturali, come canneti e vegetazione acquatica.
Allora ci rivolgemmo a Claude per sapere dove di solito si recano a fregare la miriade di pesci di questo vastissimo lago, e lui di tutta risposta disse che ci avrebbe portato a constatarlo. Risalimmo con la barca una decina di chilometri il rio Cinca, fino a dove le tipiche caratteristiche del fiume del piano, si trasformano in quelle di un torrente, con tanto di raschi, prismate e canaloni. In questo tratto dipartono numerosi bracci laterali a fondo cieco, che finiscono con meno di un metro d’acqua, in immense distese di canneti.
Ne
risalimmo uno fino a metà, addirittura l’acqua troppo bassa ci costrinse ad
alzare il piede del motore e ad avanzare con l’ausilio dei soli remi, ed
arrivati alla fine di quest’arteria ci avvicinammo silenziosamente ad un
canneto apparentemente privo di vita. A quel punto Claude picchiò con forza un
remo sul pelo dell’acqua: la scena che ci si presentò
davanti era di quelle da far venire i brividi, centinaia di siluri si rotolavano
schiaffeggiando l’acqua con le loro lunghe code, tutti ammassati come in un
groviglio infernale di un girone dantesco.
I nostri sguardi s’incrociarono e insieme solennemente dichiarammo: “ Sì è iniziata la frega”. La stessa scena si ripeté in tutti gli altri rami laterali che visitammo, in alcuni canneti fregavano siluri, in altri fregavano allo stesso modo le carpe.
Senza perderci d’animo caricammo la barca di tutto il materiale da pesca, tende e viveri compresi, e ritornammo subito indietro siccome ancora qualcosa si poteva tentare per cercare di fare qualche bella cattura. Qui al campo incontrammo Jeremy, un ragazzo sedicenne amico di Claude, venuto con la madre dalla Francia per tentare di esaudire il suo più gran sogno, ossia quello di catturare un pesce più alto di lui, per questo decidemmo di portarlo insieme con noi a tentare la fortuna.
Ci accampammo su di un’isoletta in mezzo al rio Cinca, di fronte a quei bracci laterali in cui avevamo visto il meraviglioso spettacolo della frega, e posizionammo le esche proprio davanti ai loro ingressi con la tecnica della boa, utilizzando come appiglio per lo spezzone di filo più sottile, anche sostegni naturali come le canne della sponda e rami d’albero. Tutto questo nella speranza che qualche siluro che stesse recandosi all’accoppiamento, avesse ancora voglia di mangiare.
Mai scelta fu più azzeccata, infatti, dal sorgere del sole alla mezzanotte dei giorni seguenti (la pesca è consentita dall’alba a mezzanotte, quindi per non incorrere in ulteriori sanzioni con gran rammarico dovevamo cessare la nostra attività) più di dieci volte le campanelle fissate sulle punte delle canne suonarono, facendoci saltare dai nostri lettini e accorrere per l’emozionante ferrata sulla mangiata di questi enormi pesci d’acqua dolce, e per ben quattro volte il metro non bastò per misurarli, superando abbondantemente i duecento centimetri.
Alla prima abboccata ero così emozionato che mi dimenticai degli ammonimenti di Claude, sui pericoli che i numerosi ostacoli sommersi mi avrebbero causato nel caso avessi concesso troppa lenza al siluro, la legge doveva essere: "Lui tira e tu tiri ancora più forte"; senza preoccuparmi per la lenza o l’attrezzatura, che erano di certo all’altezza di qualsiasi imprevisto.
Sta di fatto che non appena il mio avversario mi chiese lenza
e io gliela diedi, l’unico risultato che ottenni fu quello di perdere
immediatamente la cattura perché mi si legò contro chissà che cosa sotto il
pelo dell’acqua.
La mangiata successiva Claude mi fece vedere come avrei dovuto comportarmi con i
seguenti combattimenti: bisognava salire sulla barca, allontanarsi di poco da
riva tenendola però legata, e usare la frizione solamente in casi estremi,
ossia solo quando si stava per cadere in acqua, infatti, nonostante il siluro
allamato era di oltre settanta chilogrammi, vi giuro, che non gli concesse più
di un paio di metri di lenza.
Per tre volte lo vidi cadere in ginocchio sulla barca e trascinato da una parte all’altra, per poi rialzarsi e continuare a pompare sul mulinello a frizione serrata, con in volto un espressione di vero "godimento", dovuta alla grandissima adrenalina che un simile "sforzo" può mettere in circolazione nel sangue.
Il siluro che non poteva sfogare la sua enorme forza in fughe mozzafiato, in quanto vincolato come da un guinzaglio sempre più corto, non faceva altro che dimenarsi e rotolarsi in superficie provocando enormi zampilli d’acqua, che ci riempivano la barca e inzuppavano i vestiti, i quali colpiti dai raggi della luna sembravano fiumi di lava eruttata da un vulcano.
Credevo che il bello di un combattimento con un pesce, fosse solo il tira e molla che s’instaura normalmente, e che la bravura del pescatore fosse nel dosare la lenza senza mai portarla alla rottura, pensavo erroneamente che pescare con lenze e attrezzature sovradimensionate fosse poco sportivo, siccome annulla automaticamente ogni possibilità di fuga all’avversario, ma mi sono dovuto ricredere.
L’avere in canna a frizione serrata, uno di questi bestioni che si ruzzolano come dei forsennati, in presenza di moltissimi ostacoli, con la barca che ti si muove sotto i piedi, le gambe che ti tremano e le braccia e la schiena che soffrono sotto l’azione del tiro, sono tutti fattori che rendono il duello entusiasmante.
Ogni piccolo errore, può essere comunque decisivo, il finire in acqua di noi stessi o della canna non è improbabile, l’urto della lenza o della canna sullo scafo e sul motore, e soprattutto il cedimento fisico, sono sempre in agguato e porterebbero sicuramente alla vittoria del siluro.
Persino Jeremy, che l’ultima sera volle stare "sveglio" con noi ad aspettare le ultime abboccate di questi bellissimi giorni che avevamo trascorso insieme, seguendo i consigli di Claude, ebbe il piacere di salpare il suo primo siluro over due metri. Lo tenemmo stretto per la cintola per evitare che finisse in acqua sotto gli impetuosi colpi del suo avversario, combatté fino a vincerlo e a portarlo vicino alle mie mani, che afferrarono la mandibola inferiore del simpatico baffuto e lo issarono sulla barca, con somma gioia ed entusiasmo del nostro giovane amico, che aveva finalmente esaudito il suo gran sogno.
Tutte le mattine seguenti le catture, dovevamo ovviamente eseguire il rito della fotografia, un operazione non facile a causa dell’ingombrante mole e soprattutto dell’estrema delicatezza di questi pesci. Per agevolare il loro posizionamento e per assicurare una continua umidificazione della pelle, decidemmo di fare la maggior parte delle fotografie immersi nell’acqua fino alla cintola e di fare solo pochissimi scatti sotto il sole, tutte le altre le scattammo all’ombra sull’erba precedentemente bagnata, non avendo a disposizione un materassino di ricezione sufficientemente grande.
Ci
divertimmo e ridemmo come dei pazzi nello scattare tutte le fotografie, perché
Andrea continuava a sgridarmi dicendomi che non sorridevo abbastanza e che avevo
un’espressione da ebete, e io lo invitavo a venire a provare lui stesso a
mantenere fermo in posa un bestione di 70-80 chilogrammi e allo stesso tempo
riuscire a sorridere.
Finite le foto praticammo un energico massaggio alla pancia dei siluri per alcuni minuti, questo per favorire la fuoriuscita dell’aria in eccesso entrata nelle vesciche natatorie, a causa della lunga permanenza fuori dall’acqua, che gli impedirebbe di immergersi e di respirare correttamente.
Dopo di che li abbiamo rilasciati salutandoli affettuosamente come vecchi amici, dandogli appuntamento ad un nuovo entusiasmante combattimento, magari per il prossimo anno quando ritorneremo sicuramente in questi fantastici laghi, ansiosi di ripetere quest’avventura. Il Mequinenza e il Riba-roja si sono rivelati l’ennesima prova concreta e incontestabile, dell’assoluta compatibilità di convivenza tra questi grandi predatori e le altre specie ittiche.
In questi due immensi laghi artificiali, dove nel corso degli anni l’inquinamento indiscriminato è stato completamente debellato e vaste zone sono divenute riserva naturale, le varie specie convivono serenamente, una prova in più che la natura riesce, dove l’uomo non mette troppo lo zampino, a ripristinare in ogni caso un equilibrio tra prede e predatori, creando nuovi e sconosciuti ecosistemi, ma ugualmente perfettamente funzionali.