Il sogno Spagnolo
Testo e foto di Yuri Grisendi
Era da diversi anni che leggendo gli svariati articoli, riguardanti le possibilità di pesca in Spagna, notavo il numero sempre maggiore di catture di siluri oltre i due metri, e questa cosa mi stuzzicava moltissimo.
Purtroppo gli impegni di lavoro, il matrimonio, e due anni fa la nascita di mia figlia Cassandra, mi hanno sempre impedito di prendere la fatidica decisione di andare sul rio Ebro a provare a catturare uno di questi enormi gattoni.
Finché un bel giorno ebbi la fortuna di conoscere al secondo Carpitaly, Claude Valette, un noto carpista della svizzera francese, il quale era venuto alla manifestazione per pubblicizzare il suo campo di pesca al siluro, situato sulle rive del lago spagnolo Riba-Roja, nei pressi del paesino di Mequinenza.
I suoi racconti d’enormi catture, testimoniate da numerose fotografie, che immortalavano la bellezza del paesaggio e dei pesci pescati, mi misero un entusiasmo addosso, che non seppi più resistere, e gli promisi che ci saremmo sentiti il mese successivo per fissare una data per una sessione di pesca in Spagna, presso il suo campo: e così fu!
La settimana antecedente la Pasqua di quest’anno, avevo già percorso i 1.200 chilometri che separavano l’Italia da questo mio sogno Spagnolo: l’Embalse de Riba-Roja è uno dei tanti bacini artificiali, creati dagli sbarramenti idroelettrici posti lungo il corso del rio Ebro; a partire dalla metà degli anni ‘80, anni in cui si registrano le prime catture di siluri in questo lago, in pochissimo tempo Mequinenza è divenuta "la Mecca del siluro", grazie alle innumerevoli catture giornaliere che si possono effettuare, attirando così pescatori da tutta Europa, con una forte predominanza tedesca.
E’ proprio nelle valige di questi ultimi, che nel 1972, arrivarono i siluri, in quanto i turisti tedeschi erano ansiosi di ricreare in Spagna un’ittiofauna simile a quella presente nel loro paese.
I piccoli siluri furono introdotti nel lago di Riba-roja, dove si sono ingranditi e riprodotti; agli inizi si cominciò a catturare molti piccoli esemplari, poi la taglia continuò a crescere, fino agli anni ‘90, in cui s’iniziò a catturare esemplari over 50.
La crescita sta tuttora continuando, la media della taglia dei siluri dell’Ebro aumenta ogni anno, ed è facile supporre che ben presto avremo il piacere di "salpare" il tanto atteso over 100.
La ricchezza di nutrimento dell’Ebro e le lunghe estati calde che caratterizzano l’entroterra spagnolo, stanno alla base di quest’enorme successo di sviluppo; nell’embalse de Riba-roja si trovano i più vecchi e grossi siluri di Spagna, ma nel corso dei decenni passati, i loro progenitori hanno colonizzato tutto il bacino del fiume, dal Mediterraneo a Saragozza.
Sopra la diga di Riba-roja si trova il gigantesco lago di Mequinenza, divenuto ormai leggendario: misura intorno ai 100 chilometri di lunghezza e conta su 700 chilometri di rive, con fosse anche di 50 metri nei pressi dello sbarramento.
Qui i siluri sono arrivati nettamente dopo che a Riba-roja, grazie alle immissioni delle catture fatte nel lago sottostante, ed in poco tempo il siluro si è distribuito su tutto il percorso del lago; si può trovare sia nelle acque fangose e turbolente a monte della città di Caspe fino ad Escatron, sia nelle cristalline e calme acque intorno alla diga.
Essendo più giovani sono ovviamente più piccoli che a Riba-roja, il peso medio è di 20-30 chilogrammi e pesci di due metri costituiscono ancora un’eccezione; la cosa sorprendente è che i siluri sono presenti a tutte le profondità: infatti, è diventato perfettamente normale fare catture a 20-30 metri e più profondo ancora.
I primi campi di pesca sono nati già da dieci anni, i pesci catturati sono regolarmente rimessi in acqua, ma la pressione piscatoria è molto forte; i siluri hanno perduto la loro curiosità naturale verso le imbarcazioni, rendendo in pratica inutile insistere con il clonk: la tecnica più redditizia è quella con il vivo da riva, abbinata alla tecnica della boa.
Questo modo di fissaggio delle montature è stato introdotto qui dai Tedeschi…forse insieme ai siluri…da qui grazie al numeroso flusso di turisti da tutta Europa, è stata adottata, dopo averne testata la grand’efficacia, e trasferita oltre frontiera; così oggi è una delle tecniche più utilizzate dai Francesi, Olandesi, Austriaci e Tedeschi, per insidiare questi enormi bestioni in tutte le acque europee.
In Italia ancora non ha peso piede, forse per le difficoltà imposte dalla forte corrente del Po, infatti, la tecnica della boa da il massimo del risultato, quando è applicata in condizioni di acqua ferma, o in correnti medio lente; ma con un po’ di pazienza penso si possa con facilità adattare anche alle nostre esigenze, localizzando con cura i posti adatti.
Nel disegno potete vedere la struttura dell’impianto; è evidente che pur trattandosi di una tecnica di pesca d’attesa praticabile da riva, per la sua messa in opera, necessiti dell’ausilio di una piccola imbarcazione.
Tutto il sistema si fonda su l’utilizzo di una boa da ormeggio ancorata al fondale, che permette di creare un solido appiglio, cui si può fissare la nostra montatura, tramite uno spezzone di nylon sottile ed una girella con moschettone, che va a bloccarsi insieme al galleggiante sullo stop creato da un nodo di lana.
Lo scopo e di permetterci di rimanere in pesca sul luogo predeterminato per lunghissimo tempo, nell’attesa che le vibrazioni emesse dal vivo, attraggano un predatore entrato in attività; l’attacco non mancherà e sarà violentissimo, con una tale forza da spezzare con facilità il nylon sottile, che ci teneva come ancorati sul posto, il seguito è prevedibile: via all’ineguagliabile duello!
La grossa taglia dell’esca e la sua presentazione staccata dal fondale, fino a volte ad arrivare a piazzarla ad un metro dalla superficie, porta per l’80%, ad un attacco di un siluro di grosse dimensioni; questo perché la particolare struttura della bocca dei siluri adulti, ossia mascella inferiore sempre più prominente con il passare degli anni, obbliga questi pesci a preferire l’attacco della preda dal basso verso l’alto, piuttosto che il contrario o sullo stesso asse, questo proprio per una migliore e sicura presa della preda: il predatore ha imparato a sue spese, che ha una sola possibilità d’attacco, e questa non va assolutamente gettata al vento per un errore di traiettoria.
L’unico problema, è che qualsiasi buona tecnica funziona solo quando ci sono dei pesci presenti e ben disposti a mangiare, infatti, per tre giorni di pesci nemmeno l’ombra: ma dove cavolo erano finiti tutti i siluri di questo vastissimo lago.
L’unica spiegazione logica a quest’assenza di siluri all’interno delle fosse più profonde, e a detta di Claude, da sempre redditizie, era spiegabile solo con l’inizio della frega: periodo in cui i siluri preferiscono migrare in acque più basse e ricche radici sommerse, dove poter facilmente far aderire le loro uova adesive, nell’attesa della schiusa.
Decidemmo allora di abbandonare il lago e di dedicare la nostra attenzione ad uno dei suoi immissari, risalimmo perciò con la barca una decina di chilometri il rio Cinca, fino a dove le tipiche caratteristiche del fiume del piano, si trasformano in quelle di un torrente, con tanto di raschi, prismate e canaloni; questo torrente attraversa la cittadina di Mequinenza, e riversa nel lago tonnellate di fango costituendo un paradiso per il siluro.
In questo tratto dipartono numerosi bracci laterali a fondo cieco, che finiscono con meno di un metro d’acqua, in immense distese di canneti; ne risalimmo uno fino a metà, addirittura l’acqua troppo bassa ci costrinse ad alzare il piede del motore e ad avanzare con l’ausilio dei soli remi.
Arrivati alla fine di quest’arteria ci avvicinammo silenziosamente ad un canneto apparentemente privo di vita, a quel punto picchiammo con forza un remo sul pelo dell’acqua: la scena che ci si presentò davanti era di quelle da far accapponare la pelle, centinaia di siluri si rotolavano schiaffeggiando l’acqua con le loro lunghe code, tutti ammassati come in un groviglio infernale di un girone dantesco.
I nostri sguardi s’incrociarono e insieme ufficialmente dichiarammo: " Sì è iniziata la frega"!
La stessa scena si ripeté in tutti gli altri rami laterali che visitammo, in alcuni canneti fregavano siluri, in altri fregavano allo stesso modo le carpe.
Ovviamente, tutta questa zona è sottoposta a tutela, ed è assolutamente vietato pescare; perciò dovemmo accontentarci di piazzare le nostre canne con le boe lungo il percorso principale del torrente, all’inizio delle diramazioni secondarie.
Beh!… il risultato lo avrete già capito dalle fotografie….FANTASTICO NO?!!!