Normative Toscana
Anche l’attività alieutica ha
trovato in tali contesti forme specifiche di disciplina
indirizzate ad una generale liberalizzazione della
pesca al siluro, con il divieto di
reimmissione del pescato in acqua, in alcuni casi
esteso anche ad altre specie alloctone.
Tale impostazione, teoricamente corretta, trova
notevoli problematiche di attuazione
in relazione alla sostanziale impossibilità da
parte del singolo pescatore di ottemperare
al divieto di reimissione del pescato di origine
alloctona, che in taluni
casi può costituire la quasi totalità delle
prede, a causa delle evidenti difficoltà di
trasporto e smaltimento del pesce. Il quadro
generato da tale divieto, oltre a costituire
un sostanziale disincentivo alla pratica alieutica
negli ambienti popolati da alloctoni,
ha generato effetti secondari di speculazione
connessi al traffico illecito di
materiale ittico sul mercato alimentare.
In definitiva quindi, per le problematiche
logistiche già evidenziate, il coinvolgimento
del prelievo alieutico nella pratica del
contenimento del s iluro trova la sua
più razionale concretizzazione in occasione di
manifestazioni agonistiche, con la
preventiva necessaria organizzazione della raccolta
e del trasporto del pescato, evitando
forme di regolamentazione specifica che coinvolgano
i singoli pescatori con
divieti di reimmissione realisticamente poco
attuabili.
La destinazione finale dei siluri catturati apre un
altro tipo di problema, che coinvolge
implicazioni di carattere ecologico ed etico, oltre
che problematiche di tipo
logistico.
Il controllo della fauna selvatica mediante
abbattimento diretto o soppressione eutanasica
successiva alla cattura è una prassi piuttosto
comune in ambito faunisticovenatorio,
in attuazione dell’art. 37 della L.R. 3/1994, che
tuttavia trova il suo prevalente
ambito di applicazione in contesti non urbanizzati.
L’adozione di tali metodiche nel contenimento del
siluro, che deve avvenire prevalentemente
in ambito urbano, pone problematiche di carattere
sociale in relazione
alla sensibilizzazione della cittadinanza rispetto
a forme di controllo cruento.
La possibile alternativa alla
soppressione degli alloctoni catturati, già contemplata
da altre amministrazioni (Emilia Romagna, Piano
Ittico Regionale 2001-2005), è la
traslocazione verso bacini di stoccaggio.
Tali invasi devono essere individuati in funzione
della posizione logisticamente
strategica rispetto alle aree d’intervento e non
devono essere posti in contatto con
le acque pubbliche. Tali aree possono essere
destinate ad altri impieghi, non ultima
la stessa pesca sportiva agonistica e ricreativa,
fino a farne palestre di pesca per
principianti gestite dalle associazioni di
categoria. In definitiva si aprono le prospettive
di impiego più disparate di tali aree:
nell’ambito dello studio della biologia
degli alloctoni, come nella tutela degli uccelli
ittiofagi.
In ultima analisi i bacini di stoccaggio possono
essere impiegati per la traslocazione
di tutte le specie alloctone, ivi compresi gli
esemplari prelevati nel corso degli
interventi di recupero della fauna ittica in
difficoltà, la cui destinazione finale pone
normalmente diverse problematiche connesse alla
diffusione di specie alloctone.