I
danni provocati dai pesci esotici o alloctoni
liberati nelle nostre acque
«L’introduzione
dei pesci esotici nell’ambiente è problema che va
tutto a carico della pesca». Parola del prof. Ettore
Grimaldi, ittiologo di fama internazionale, pescatore,
raffinato e colto relatore al recente convegno che si
è svolto a Trenzano, nell’aula magna della scuola
media su «Il pescatore e l’ambiente naturale»,
ospiti di un ambientalista d’eccezione, il preside
Giovanni Quaresmini. Colpa dei pescatori - quindi - (e
non solo) ai quali può essere imputata
l’introduzione di breme, di gardon e quant’altro,
e colpa di quanti, stanchi di dover curare pesci
tropicali nell’acquario di casa, se ne liberano
gettandoli nei nostri fiumi e nei nostri laghi nei
quali, per adattamento, riescono non solo a
sopravvivere, a proliferare e a moltiplicarsi, ma
persino a sopraffare le specie esistenti. Ma è
problema creato anche da chi ha le responsabilità
decisionali nelle istituzioni che, faccio un esempio,
per motivi evidentemente commerciali e per arrestare
la fuga dalla pesca professionale, ha introdotto pesci
alloctoni nelle nostre acque. Operazione che parte da
tempi immemorabili e che ha, oggi, il coregone come
protagonista assoluto dei grandi laghi. É tuttavia
pratica che continua. Cito, come non ultima,
l’introduzione in alcuni laghi del centro Italia del
«pesce re» (per il quale ci fu un simpatico
confronto fra chi scrive e l’esperto di ittiologia
Roberto De Vitalis, che, proprio mentre scrivevo
queste righe, si è spento). Ma lamento anche la
situazione ormai insopportabile della inarrestabile
crescita dei gamberi d'acqua dolce, nella maggior
parte i cosiddetti gamberi della Louisiana, importati
e immessi nelle acque italiane per sopperire al vuoto
lasciato dal gambero italiano, delle - comunque utili
- gambusie, del salmerino americano eccetera.
Sull’onda delle segnalazioni poi... l’aspio sta
soppiantando il cavedano e addirittura sta prendendo
il posto del siluro nel Po (me lo segnala Roberto
Anderlini, esperto della Decatlhon). Un Rodeo amaro è
stato pescato nel lago d’Idro (con autentica
preoccupazione di Alessandro Fenoli, pescatore,
gelosissimo custode della fauna autoctona del
"suo" lago). Probabilmente è un un aspio e
non un cavedano il pesce con il muso a becco catturato
nel lago d’Idro. Non si sa a quale specie
appartengano i due pesci finiti nelle reti di un
pescatore professionista nel Garda (la segnalazione è
dell’ispettore capo della Polizia provinciale Dario
Saleri, che li avrebbe portati per la classificazione
allo Zooprofilattico provinciale) e non si sa neppure
nulla dei pesciolini gregari, in grandi banchi,
segnalati dal sub Roberto Palazzo la scorsa estate e
di una strana anguilla con «gli occhiali» e bocca
larga armata di denti (più affilati ed appuntiti di
quanto non siano in una normale anguilla), che
soffiava e tentava di mordere le dita del pescatore
dell'Azzurra (con il quale mi scuso per aver
dimenticato il nome), a margine delle Torbiere del
Sebino e attendo di conoscere quale persico sia il
pesce appena introdotto in un laghetto di pesca
sportiva. Senza contare breme e gardon ormai ospiti
fissi nelle acque "private" della Bassa,
acque tuttavia comunicanti con acque pubbliche.
Infine, potrebbero essere tartarughe quelle che la
scorsa estate hanno illuso più di un pescatore di
carpe che avevano visto affondare il galleggiante e
scoprire nel recupero che il nylon era stato tranciato
di netto poco sopra l’amo e poco sotto l’ultimo
dei piombini. E non si trovava in acque di lucci. Sarà
la dimostrazione di un atto di buona volontà da parte
delle istituzioni (e vi è stata formale promessa
dell'assessore regionale all'ambiente Franco Nicoli
Cristiani) di uscire dagli equivoci degli alloctoni,
degli alloctoni sopportati, degli alloctoni da pescare
e sopprimere e dei pesci non citati in nessuna delle
due categorie. Una volta per sempre, per buona
informazione di tutti, si sappia che non esistono
categorie intermedie di alloctoni ed autoctoni. La
Regione ha il dovere non solo di fare chiarezza, ma di
formulare un elenco preciso dei pesci autoctoni e di
quelli alloctoni. Ma la Regione ha anche il dovere di
fornire «istruzioni» su quali alloctoni ed in che
quantità possano essere introdotti, non prima di aver
condotto uno studio serio sulla sopportabilità delle
acque e sulla non conflittuale convivenza con gli
autoctoni. E, tornando al convegno, è stata
meritatamente applaudita l’iniziativa lanciata
dall'assessore provinciale alla pesca, Alessandro
Sala. «Non so ancora dove - ha detto l’assessore -
ma so che cosa devo fare, dando la possibilità a
tutti coloro che non possono più curare i pesci del
proprio acquario di portarli da noi, anziché
lasciarli andare nelle acque libere, rischiando di
contaminare l’ambiente. Noi predisporremo delle
vasche di vetro in grado di ospitarli. E non solo
eviteremo che l’ambiente venga contaminato, ma
daremo la possibilità ai visitatori ed ai ragazzi,
soprattutto, di osservarli e di approfondire la
conoscenza dell’ambiente. Sono sicuro del successo
di questa iniziativa. Basti pensare che in tutta
Italia, secondo stime ufficiali, sono tenuti 15
milioni di pesciolini rossi. I Carassi, appunto. E
molti - ha concluso l’assessore Alessandro Sala -
sono tenuti male in bocce di vetro dove i carassi sono
detenuti e non tenuti». Ed il primo ad assentire e a
plaudire all’iniziativa è stato Carlo Monguzzi,
capogruppo dei Verdi alla Regione Lombardia. Spesso
gli opposti s’incontrano.
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