Giovedì 16 ottobre 2003

 
   
I danni provocati dai pesci esotici o alloctoni liberati nelle nostre acque

«L’introduzione dei pesci esotici nell’ambiente è problema che va tutto a carico della pesca». Parola del prof. Ettore Grimaldi, ittiologo di fama internazionale, pescatore, raffinato e colto relatore al recente convegno che si è svolto a Trenzano, nell’aula magna della scuola media su «Il pescatore e l’ambiente naturale», ospiti di un ambientalista d’eccezione, il preside Giovanni Quaresmini. Colpa dei pescatori - quindi - (e non solo) ai quali può essere imputata l’introduzione di breme, di gardon e quant’altro, e colpa di quanti, stanchi di dover curare pesci tropicali nell’acquario di casa, se ne liberano gettandoli nei nostri fiumi e nei nostri laghi nei quali, per adattamento, riescono non solo a sopravvivere, a proliferare e a moltiplicarsi, ma persino a sopraffare le specie esistenti. Ma è problema creato anche da chi ha le responsabilità decisionali nelle istituzioni che, faccio un esempio, per motivi evidentemente commerciali e per arrestare la fuga dalla pesca professionale, ha introdotto pesci alloctoni nelle nostre acque. Operazione che parte da tempi immemorabili e che ha, oggi, il coregone come protagonista assoluto dei grandi laghi. É tuttavia pratica che continua. Cito, come non ultima, l’introduzione in alcuni laghi del centro Italia del «pesce re» (per il quale ci fu un simpatico confronto fra chi scrive e l’esperto di ittiologia Roberto De Vitalis, che, proprio mentre scrivevo queste righe, si è spento). Ma lamento anche la situazione ormai insopportabile della inarrestabile crescita dei gamberi d'acqua dolce, nella maggior parte i cosiddetti gamberi della Louisiana, importati e immessi nelle acque italiane per sopperire al vuoto lasciato dal gambero italiano, delle - comunque utili - gambusie, del salmerino americano eccetera. Sull’onda delle segnalazioni poi... l’aspio sta soppiantando il cavedano e addirittura sta prendendo il posto del siluro nel Po (me lo segnala Roberto Anderlini, esperto della Decatlhon). Un Rodeo amaro è stato pescato nel lago d’Idro (con autentica preoccupazione di Alessandro Fenoli, pescatore, gelosissimo custode della fauna autoctona del "suo" lago). Probabilmente è un un aspio e non un cavedano il pesce con il muso a becco catturato nel lago d’Idro. Non si sa a quale specie appartengano i due pesci finiti nelle reti di un pescatore professionista nel Garda (la segnalazione è dell’ispettore capo della Polizia provinciale Dario Saleri, che li avrebbe portati per la classificazione allo Zooprofilattico provinciale) e non si sa neppure nulla dei pesciolini gregari, in grandi banchi, segnalati dal sub Roberto Palazzo la scorsa estate e di una strana anguilla con «gli occhiali» e bocca larga armata di denti (più affilati ed appuntiti di quanto non siano in una normale anguilla), che soffiava e tentava di mordere le dita del pescatore dell'Azzurra (con il quale mi scuso per aver dimenticato il nome), a margine delle Torbiere del Sebino e attendo di conoscere quale persico sia il pesce appena introdotto in un laghetto di pesca sportiva. Senza contare breme e gardon ormai ospiti fissi nelle acque "private" della Bassa, acque tuttavia comunicanti con acque pubbliche. Infine, potrebbero essere tartarughe quelle che la scorsa estate hanno illuso più di un pescatore di carpe che avevano visto affondare il galleggiante e scoprire nel recupero che il nylon era stato tranciato di netto poco sopra l’amo e poco sotto l’ultimo dei piombini. E non si trovava in acque di lucci. Sarà la dimostrazione di un atto di buona volontà da parte delle istituzioni (e vi è stata formale promessa dell'assessore regionale all'ambiente Franco Nicoli Cristiani) di uscire dagli equivoci degli alloctoni, degli alloctoni sopportati, degli alloctoni da pescare e sopprimere e dei pesci non citati in nessuna delle due categorie. Una volta per sempre, per buona informazione di tutti, si sappia che non esistono categorie intermedie di alloctoni ed autoctoni. La Regione ha il dovere non solo di fare chiarezza, ma di formulare un elenco preciso dei pesci autoctoni e di quelli alloctoni. Ma la Regione ha anche il dovere di fornire «istruzioni» su quali alloctoni ed in che quantità possano essere introdotti, non prima di aver condotto uno studio serio sulla sopportabilità delle acque e sulla non conflittuale convivenza con gli autoctoni. E, tornando al convegno, è stata meritatamente applaudita l’iniziativa lanciata dall'assessore provinciale alla pesca, Alessandro Sala. «Non so ancora dove - ha detto l’assessore - ma so che cosa devo fare, dando la possibilità a tutti coloro che non possono più curare i pesci del proprio acquario di portarli da noi, anziché lasciarli andare nelle acque libere, rischiando di contaminare l’ambiente. Noi predisporremo delle vasche di vetro in grado di ospitarli. E non solo eviteremo che l’ambiente venga contaminato, ma daremo la possibilità ai visitatori ed ai ragazzi, soprattutto, di osservarli e di approfondire la conoscenza dell’ambiente. Sono sicuro del successo di questa iniziativa. Basti pensare che in tutta Italia, secondo stime ufficiali, sono tenuti 15 milioni di pesciolini rossi. I Carassi, appunto. E molti - ha concluso l’assessore Alessandro Sala - sono tenuti male in bocce di vetro dove i carassi sono detenuti e non tenuti». Ed il primo ad assentire e a plaudire all’iniziativa è stato Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi alla Regione Lombardia. Spesso gli opposti s’incontrano.

 

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