Il delta del Po

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Il delta del Po con la sua forma caratteristica a "zampa d'oca" ha una superficie di 400 kmq. circa, si espande sull'Adriatico al ritmo di 60-70 mt all'anno grazie al continuo apporto di materiali alluvionali. Quest'area comprende anche vaste depressioni, costituenti territori di bonifica, d'acqua salmastra il cui sfruttamento é limitato alla piscicoltura, oltre a spazi lagunari, ossia insenature del fiume isolate dal mare dette "valli" o marini detti "sacche". Soprattutto nell'interno si possono trovare delle file di dossi chiamati "scanni", rialzati al massimo una decina di metri, piani o leggermente montagnosi.Questi lidi sabbiosi, che il mare è venuto costruendo con gli stessi apporti del fiume, permettono di fissare gli stadi attraverso i quali é passata la formazione del delta, o meglio dei delta, costituenti la foce del Po. Questi delta, tutti esterni alla linea delle lagune,  sono probabilmente d'epoca storica.Questi rami deltizi alimentano a loro volta quattordici bocche, ed i due mediani della Pila e di Tolle sono i più attivi. Il Delta padano nel corso della sua storia geologica ha modellato una zona costiera molto più ampia di quella attuale, costruendo una fascia che si estende da Chioggia a Ravenna, per una profondità di 20-30 Km. L'apparato deltizio ha subito profonde trasformazioni storiche sia in seguito alle grandi piene, ad esempio la famosa "rotta" degli argini presso Ficarolo a nord di Ferrara, ed alla normale azione erosiva delle acque, accompagnata da fenomeni bradisismici, sia a causa delle grandi sistemazioni idrauliche operate nel passato. Cito fra tutte quelle della Repubblica Veneta che all'inizio del XVII secolo (1600-1604) fece eseguire il grandioso "taglio" di Porto Vico in grado di portare il fiume a sboccare più a sud onde evitare l'interramento della laguna veneta, dovuto ai depositi di sabbia e limo. Il recupero dei terreni paludosi ("valli") a fini agricoli è stato realizzato nei lustri a cavallo del 1900, ma gli indubbi vantaggi conseguiti furono in parte pagati con la scomparsa d'un ambiente ecologicamente preziosissimo (il Po di Maistra è l'unico ramo fluviale del Delta che ancora offre aspetti naturalistici di rilievo), e con una maggior rigidità della struttura di deflusso che ha determinato l'avanzamento della foce fluviale. Il fiume contenuto tra argini imponenti per proteggere le coltivazioni, non riesce più a distribuire nella pianura i sedimenti e li accumula nel suo alveo e alla foce innescando un circolo vizioso: più alti diventano gli argini, più i sedimenti innalzano il fondo, richiedendo argini ancora più alti. Tutto il corso del Po è negli ultimi 410 km (a valle della confluenza del Ticino), imbrigliato entro argini. Negli ultimi 50 anni però l'avanzata del delta ha subito un'inversione, soprattutto in seguito all'abbassamento della fascia costiera (subsidenza) causato dal prelievo massiccio di acqua e metano dal sottosuolo. L'estrazione del metano, durata fino ai primi anni sessanta, ha abbassato il delta di due o tre metri; questa è considerata una delle cause delle catastrofiche alluvioni di quegli anni. Oggi a causa della costipazione dei terreni bonificati e delle selvagge estrazioni di metano, degli anni cinquanta e sessanta, il delta è una terra completamente al di sotto del livello del mare. Si può suddividere in due parti, una parte a nord protesa nell'Adriatico per chilometri, e formata dai rami attivi del Po, e la parte a sud del Po di Volano attraversata dai corsi d'acqua che scendono dall'Appennino, come il Lanone e il Reno. Le vaste zone umide presenti qui (come le Valli di Comacchio) sono soltanto i resti di quegli immensi acquitrini che coprivano l'area fino al secolo scorso. Oggi si ritiene che sia importante conservare le "zone umide", nelle quali vivono piante e animali che non si trovano in altri ambienti, ed il delta è l'unica zona in cui l'ecosistema viene ancora regolato in parte da fattori naturali. Specie rare in Italia, come la "beccaccia di mare", la "volpica" e la "spatola", si possono osservare in quest'area; qui nidifica anche la maggior parte degli "aironi rossi". Nella metà di delta a nord del Po di Venezia, però, si incontrano sterminate estensioni d'un altro ambiente eccezionale: le valli da pesca. Si tratta di grossi bacini di acque salmastre poco profonde il cui regime idrico è regolato dall'uomo per l'allevamento del pesce. Come abbiamo detto il Po è il più grande fiume italiano, che sfocia nel mare Adriatico determinando l'articolato sistema territoriale del suo delta, e snoda il suo corso per oltre 650 Km (è impossibile infatti definirne con precisione la lunghezza, per l' incessante lavoro di modifica delle dimensioni dell'apparato deltizio messo in opera dal fiume stesso, dal mare e da altri agenti naturali ed artificiali). Infatti il grande Fiume non è stato sempre così; al contrario, come accade quando l'acqua è uno degli elementi portanti della morfologia di una regione geografica, la mutevolezza dei luoghi è stato il tratto saliente di questo paesaggio, che nel corso degli ultimi millenni si è radicalmente trasformato per l'azione di molteplici fattori (la dimensione quantitativa degli apporti di detriti, il clima, l'attività eolica, la subsidenza dei suoli, la forza di condizionamento espressa dagli affluenti e dal mare stesso, ecc.). Con il tempo, i confini tra l'emerso ed il sommerso sono via via mutati, ed il territorio è stato letteralmente costruito ed ha assunto una relativa stabilità. Nell'ambito del Ferrarese e del contiguo comprensorio padano del Rodigino, verso la fine dell'Età del Bronzo il corso del fiume si articolava in due rami principali, il Po di Adria ed il Po di Ferrara, che sviluppava poi diverse diramazioni nella zona orientale. Il progressivo apporto di materiali allungava la pianura paludosa e spostava progressivamente verso Est la linea di costa, attestando successivi cordoni dunosi.

Nel volgere di qualche secolo, significative variazioni idrografiche ridimensionarono la portata delle acque del Po di Adria, una parte delle quali si immise nel Po di Ferrara grazie alla nascita di un nuovo corso, il Poazzo. Oltre i luoghi nei quali sarebbe sorta la città estense, il fiume si biforcava nell'Olana verso Nord (le cui diramazioni formavano una cuspide deltizia nel Mesolano, a Monticelli, alla foce del Gaurus), ed il Padoa (il Padovetere, sul quale sarebbe sorta Spina) verso Sud. Era questo l'asse del sistema fluviale ed insediativo del Ferrarese, che le popolazioni utilizzarono anche per la navigazione interna, intervenendo con opere di regimazione fin dal periodo etrusco. A servizio dello sviluppo commerciale di Spina (Vl -111 sec. a.C.) vennero costruiti anche canali di collegamento, che consentivano di muoversi dal Bolognese al Veneto per via d'acqua. Nell'Alto Medio Evo riprese a crescere con maggior vigore la cuspide deltizia dell'Olana-Volano, soprattutto grazie all'attività della bocca del Gaurus, mentre perse progressivamente di efficienza il Padovetere (ramo tra Voghenza ed Ostellato). Alla biforcazione tra i due corsi a quel tempo più importanti, il Volano ed il Primaro, sorse Ferrara. Nei secoli intorno al Mille si composero numerosi fenomeni incidenti sull'assetto dell'area deltizia, dalle bonifiche promosse dai Benedettini di Pomposa all'abbassamento dei suoli causato dalla subsidenza, cui seguì una copiosa ingressione di acque salmastre nelle paludi padane. 
Nel XII sec., nei pressi di Ficarolo (a monte di Ferrara, e sulla sponda sinistra), il Po ruppe determinando una variazione idrografica decisiva per l'assetto territoriale di tutta la regione da allora, infatti, la maggior parte delle acque padane prese a defluire per il Po Grande (che è ancor oggi il ramo principale del fiume), e diede luogo alla foce presso Fornaci, generando una nuova e sempre più imponente cuspide deltizia. Nel corpo di quell'apparato, il Po di Goro si potenziò e si biforcò per sfociare con la bocca di Goro e. poco più a Sud dell'Abate. Nei secoli successivi, l'efficienza del sistema idrografico ferrarese entrò in grave crisi, per il progressivo interramento del Po di Ferrara e delle diramazioni di Volano e Primaro, cui conseguirono piene e allagamenti disastrosi, peggiorati dal maldestro tentativo di inalvearvi forzatamente fiumi appenninici quali il Santerno ed il Reno. 
Si propagarono intanto le acque salmastre nel Basso Ferrarese. Unico ostacolo opposto a tanto disordine idraulico fu la grande bonificazione estense, che dopo una ventina d'anni dovette del resto soccombere al costipamento dei suoli. All'inizio del Seicento, il Taglio di Porto Viro (ad opera dei Veneziani, che ovviarono così al pericolo di vedersi occludere dai detriti padani le bocche della laguna) sbarrò il Po di Fornaci e costrinse il grande fiume ad intraprendere la costruzione di un nuovo delta, che progressivi interventi umani hanno indotto a svilupparsi di fronte alla costa ferrarese. L'apparato che ci si presenta oggi ne è la graduale ed ancora laboriosa evoluzione. 


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