Piccola variazione…..grosso risultato!
Testo e foto di Yuri Grisendi
Sono ancora senza parole, intanto che sto scrivendo queste poche righe inerenti la pesca del siluro con la tecnica della boa, l’occhio continua cadermi sulla fotografia di quest’impressionante pesce e faccio fatica a mettere a fuoco quello che voglio raccontarvi, ossia quali variazioni ho applicato al sistema base, e che hanno fatto sì che questa rara taglia di pesce abboccasse al mio amo.
La mia mente corre
indietro a quella notte, in cui alle quattro la campanella posta sul vettino
della canna, segnalava come impazzita l’attacco di questo mostro degli abissi,
e come in un flash-back, rivivo in maniera quasi realistica tutti i momenti
salienti dell’imparagonabile duello che mi ha visto protagonista insieme a due
amici carissimi.
Per ben quaranta minuti, immersi nelle tenebre della notte fluviale, contrastate solo dalla fievole luce delle nostre torce, quell’enorme pinna ci ha rimorchiato, facendo sembrare la mia "Carolina" un leggero fuscello spazzato dal vento, finché gli ammalianti riflessi aranciati dell’alba ci scortarono alla vittoria.
Avevo organizzato questa sessione notturna in fretta e furia, approfittando del fatto che alcune piogge avevano ingrossato il fiume, ma senza sporcarlo, fino a portarlo a raschiare le sommità d’alcuni pennelli ricoperti di vegetazione; l’idea era quella di provare ad utilizzare come appigli per le lenze, direttamente i rami degli alberi che nascono sopra queste mantellate di sassi, proprio come avevo fatto in Spagna sul rio Ebro.
Questo perché, sia
in periodo di frega, sia durante l’azione di caccia, i siluri amano
frequentare gli angusti spazi, formatesi tra la massicciata e gli alberi
semisommersi, in ricerca di qualche gradevole pesciolino che ha trovato riparo
nei pressi di queste provvidenziali protezioni.
Avendo di recente letto il bellissimo articolo del mio idolo Olivier Portrat, che narrava la sua avventura, effettuata in kazachistan insieme a nomi importanti del mondo della pesca al siluro, come Keith Lambert, Kevin Maddocks e Michel Naudeau, mi ero ormai rassegnato al fatto che se volevo anche io provare il brivido di avere in canna un gattone di oltre un quintale, dovevo come loro organizzare una spedizione di pesca sul delta fiume Ili: solo li sembra che viva la più numerosa popolazione di siluri di oltre ottanta chilogrammi.
La cosa però non mi
entusiasmava più di tanto, in quanto lo stesso Olivier, sconsigliava di
avventurarsi in una landa desolata come la terra Casaca, ricca di rettili,
insetti, e con temperature che di giorno possono toccare i 52° C e la notte
scendere fino a 0° C; forse il gioco valeva la candela, ma i dubbi che mi
assalivano erano ancora tanti.
All’improvviso però, ecco che una nuova tecnica applicata per le prime volte in Italia fa saltar fuori dalle acque dietro casa, un esemplare da far invidia agli inaccessibili fiumi che si gettano nel lago Balkash: una botta di fortuna?
Si forse!…...ma sicuramente abbinata ad una gran passione e costanza, nonché ad una tecnica che si sta rivelando sempre più infallibile, grazie anche al mutamento del comportamento dei siluri del Po, che dopo un trentennio in cui usavano alimentarsi per quasi tutta la giornata, ora hanno concentrato la loro attività predatoria, come del resto è nella loro natura, solo nelle ore notturne.
Questo fatto forse è
spiegabile con un piccolo ragionamento: un tempo, la loro presenza nelle acque
del Po era davvero massiccia, quasi al limite delle possibilità alimentari
offerte dal Grande Fiume, impoverito di specie ittiche a causa dell’inquinamento
indiscriminato; tutto questo portava senz’altro alla nascita di una
competizione tra predatori, che li obbligava chiaramente ad un’assidua azione
di caccia, protratta per tutto il giorno, per potersi procurare il cibo
necessario al loro fabbisogno.
Oggi la popolazione dei siluri presenti, ha raggiunto un equilibrio con la quantità di prede a loro disposizione, anzi esse sono addirittura in aumento grazie al miglioramento delle condizioni dell’acqua fluviale, questo fatto favorisce l’approvvigionamento alimentare del siluro, che ora non necessita più di mantenersi in attività per tutto il giorno, ma utilizza solo poche ore della giornata per raggiungere la sazietà, e sicuramente le tenebre favoriscono ancor di più questa sua contenuta azione.
Una volta arrivati sul posto, ebbi la sperata conferma: tutto era come mi aspettavo!
L’acqua del grosso del fiume filtrava con forza sopra la sommità del pennello, riversandosi energicamente all’interno del lago, formato da questo sbarramento artificiale posto dall’uomo per direzionare a piacere la gravosa corrente del fiume, e numerosi alberi ricchi di ramificazioni erano semi-affioranti dal pelo dell’acqua.
Questo continua
miscelazione tra aria e acqua era di sicuro un altro fattore che andava a nostro
vantaggio, infatti, così facendo, l’acqua si ricaricava di ossigeno,
portandolo per forza meccanica a disciogliersi in essa, e di certo il siluro
preferirà nuotare in queste zone, piuttosto che al centro dell’ansa, dove l’acqua
troppo calma e calda, è a ragion del quale, carente d’ossigeno.
Il Silurus glanis, è una specie, molto sensibile alle variazioni delle quantità di ossigeno disciolto nell’acqua, infatti, predilige maggiormente sostare in tratti di fiume dove il ricambio di esso è favorito dalla particolare morfologia del fondale con continui rigiri d’acqua dovuti a: punte, pennelli, piloni di ponti, raschi, cascate e sbocchi di affluenti; è per questo motivo che spesso in condizioni di piena con acqua torbida li vediamo rivoltarsi in superficie, nel tentativo di ripulire il più possibile l’apparato branchiale dalla fastidiosa sabbia che vi si deposita, e che gli impedisce una corretta respirazione.
Ci posizionammo sulla riva opposta alla mantellata, fissando saldamente gli appositi picchetti a terra, siccome dovevano sopportare una notevole tensione, poi una volta preparate le montature, portammo le lenze, ognuna al rispettivo appiglio, scelto e posizionato con cura, prediligendo zone d’ombra con ricche intersecazioni di rami.
Come abbiamo visto l’ultima
volta, è molto comodo avere a disposizione una girellina fissata, tramite uno
spezzone di robusto dacron, sull’appiglio che ci tiene in pesca a distanza da
riva, per poterci agganciare con facilità la nostra lenza, utilizzando lo
spezzone di nylon sottile (BRECK-LINE); perciò anche in questo caso ho
preferito posizionare questi utili agganci sui rami degli alberi, sotto di cui
avevo deciso di piazzare le insidie, sempre sorretti da piccoli galleggiantini
per mantenerli bene in vista sulla superficie dell’acqua.
In questo modo ad ogni attacco, sarà possibile riposizionare la montatura, sostituendo sulla riva solamente la breck-line, che velocemente verrà riportata ad agganciarsi insieme alla lenza, sulla girellina ben visibile sul punto di pesca, in modo rapido e facendo il minimo rumore possibile.
Pescando in mezzo a
tali ostacoli naturali, è necessario ad ogni cattura, approfittare dei pochi
secondi in cui il pesce è disorientato dall’inaspettata allamatura, per
tirarlo il più possibile verso di noi, in modo che nel momento in cui inizierà
il suo portentoso tentativo di fuga, non abbia la possibilità di aggrovigliare
la lenza contro a qualche invisibile appiglio.
Starà poi nella nostra bravura dirigerlo, dosando la frizione in modo parsimonioso, verso zone d’acqua più tranquilla, dove potremo gestire il duello con maggiore sicurezza, lasciando poi al pesce di sfogare la sua forza, con tutte le fughe laterali che vorrà; per fare ciò, la barca diventa un ottimo alleato, la sua presenza davanti alle canne, permette di salirci velocemente sopra, e di raggiungere l’eventuale zona di pericolo, e dirigere il pesce a nostro piacimento.
Sapendo questo,
portammo a riva senza difficoltà due bei pesci, ma alla terza partenza,
qualcosa andò storto, le dimensioni del siluro, c’impedirono di riuscire a
mantenerlo lontano dalle insidie sommerse, e se pure per un breve istante,
tememmo di aver perso la cattura, perché qualcosa sotto il pelo dell’acqua la
tratteneva come legata; per fortuna in pochi istanti, la forza stessa del pesce
riuscì a spezzare il ramo che lo bloccava, e velocemente si allontanò
dirigendosi fuori dell’ansa, dove l’azione della corrente ci diede filo da
torcere forse più che l’ostacolo che avevamo appena lasciato.
La cosa stupefacente fu che appena usciti dalle calme acque del lago, racchiuso all’interno del pennello, il siluro virò bruscamente, e lasciandoci tutti e tre senza parole, cominciò a nuotare controcorrente.
Questo dato c’informò
in anticipo sulle reali dimensioni del pinnuto che avevamo agganciato; l’assurda
risalita durò pochi minuti, dopo di che il pesce capì l’errore che stava
commettendo e velocemente portò la corrente a suo favore: il resto è cronaca!
Possiamo ormai trarre
le conclusioni dell’annata di pesca appena trascorsa, il freddo è alle porte,
e ben presto rallenterà l’attività predatoria del siluro, e le nostre
possibilità di trovarlo in caccia di notte a galla, andranno sempre più
affievolendosi, fino a fermarsi ad inverno inoltrato: a quel punto altre
tecniche saranno di certo più redditizie.
La tecnica di pesca con la boa, si è dimostrata una carta vincente, in pochi mesi dall’inizio della sua applicazione, mi ha permesso di raddoppiare la quantità di catture, che di norma riesco a mettere a segno con la tecnica del clonking, ma soprattutto mi ha consentito di aumentare notevolmente la taglia dei siluri allamati, traendo in inganno, con la sua naturalità, anche i pesci più grandi e diffidenti.
Sono convinto che da quest’altro’anno molti di voi vorranno seguirmi, in questa fantastica esperienza, perciò voglio darvi appuntamento sul numero di Dicembre del trimestrale "Tutto carpa e siluro", che troverete in vendita nei migliori negozi di pesca; su questo numero troverete in dettaglio, tutto sulla preparazione del materiale che ci servirà agli inizi di stagione per applicare in maniera corretta questa tecnica: picchetti, zavorre e boe.