Un "gavettone" per galleggiante
Testo e foto di Yuri Grisendi
Insidiare i siluri dalla riva è sicuramente piacevole e rilassante, le lunghe sessioni di pesca, nell’attesa di una partenza, si trasformano spesso in occasioni di gran socializzazione, all’interno di un gruppo di pescatori; si può essere di idee politiche diverse, si può parlare un’altra lingua, ma quando si pesca si è tutti fratelli e ci si capisce al volo: carne sulla griglia, caffè sul fuoco, il bicchiere pieno di buon vino e tanti racconti di esperienze vissute.
E’ come se la presenza dell’acqua facesse da catalizzatore, ad una reazione chimica strana, che ci porta ad essere sempre sereni e gioviali con tutti, lasciando alle spalle lo stress accumulato vivendo in un mondo fatto prevalentemente di smog e cemento.
L’acqua è un elemento naturale con cui ogni pescatore ha un rapporto molto stretto, e da cui subisce un indiscutibile fascino, non per niente è stata, ed è tuttora alla base della vita sulla terra; se questo rapporto esiste pescando da riva, esso si rafforza e si completa ancor di più, quando il contatto avviene tramite una giornata di pesca trascorsa in barca.
La navigazione turistica con piccole imbarcazioni è possibile su quasi tutto il Po, tranne l'alto corso, e sui tratti finali di molti affluenti; lungo il fiume sono presenti le segnalazioni, che indicano quando occorre cambiare sponda per non uscire dalla zona dove il fondale è abbastanza fondo per il passaggio.
Durante la navigazione, il paesaggio che ci scorre a fianco è veramente stupefacente, ben diverso da quello che possiamo vedere da un finestrino, viaggiando in automobile o in treno; tutta la flora e la fauna acquatiche mostrano il loro incanto all’interno di habitat incontaminati, lungo le lanche inesplorate irraggiungibili a piedi o in macchina, dove le uniche orme che si possono trovare sono quelle degli aironi, dei cormorani o di qualche enorme nutria; infatti, non per niente il Po è considerato il fiume con le spiagge fluviali più belle d’Italia.
Tutto ciò sarebbe sufficiente per giustificare una gita in barca sul fiume, anche senza la canna da pesca, ma "armati"solo di binocolo e macchina fotografica; ammirare un tale spettacolo dalla barca, ha un sapore diverso di quanto accade anche da un argine, il paesaggio è più vivibile e rilassante.
Anche quando la canicola estiva si fa insopportabile, è sufficiente una breve "scorrazzata", con il motore al massimo, e subito una gradevole brezza ci riporta ad una temperatura corporea piacevole ed incoraggiante, per proseguire la sessione di pesca con nuovo spirito positivo.
E’ ovvio, che non bisogna possedere un motoscafo, uno yacht o un transatlantico, per assaporare tutte queste sensazioni, ma è sufficiente una piccola imbarcazione di legno, vetroresina o alluminio di 4-5 metri, motorizzata con un fuoribordo da 25-40 CV; anzi, imbarcazioni troppo grandi o con motori troppo potenti, annullano completamente questo rapporto tra uomo e l’acqua, trasformandolo solo in un egoistico e patetico sfoggio di lusso.
La pesca, non deve essere considerata solo uno sport fine a se stesso, ma deve essere utilizzata come un mezzo per stare a stretto contatto con la natura, avvicinando l’uomo a quel rispetto verso di essa che porterebbe finalmente, ad un miglioramento di questo nostro piccolo mondo, con cui bene o male dobbiamo convivere.
Attenzione però, quando siamo in barca, non bisogna dimenticare che il Po, pur essendo un fiume bellissimo ed immerso in una natura stupenda, è ricco d’insidie per la navigazione, sia in condizioni di piena, sia quando è in regime di magra, perciò la prudenza non deve essere accecata dall’ammaliante fascino del paesaggio.
La navigazione commerciale, vale a dire le merci, è possibile nel Po da Piacenza al mare, per un percorso d’oltre 300 chilometri a natanti fino a 1.000 tonnellate, per questo è facile incrociare enormi chiatte commerciali, che provocano una pericolosa onda, che combinata alla potenza della corrente può rovesciare un’imbarcazione ancorata o in movimento.
Per affrontare la sua corrente, in alcuni tratti addirittura impetuosa, che può spingervi contro gli ostacoli, occorre un’imbarcazione stabile e soprattutto robusta; il piede del motore va sempre tenuto in posizione
libera, infatti, sul fiume deriva di tutto: tronchi, casse di legno, e svariati altri oggetti semi-galleggianti, poco visibili anche di giorno e molto pericolosi, soprattutto per la navigazione in notturna; i banchi di sabbia possono spostarsi da un giorno all’altro, ostruendo interi percorsi, potete trovarvi in mezzo al fiume, dove il giorno prima si passava tranquillamente, con una spanna d’acqua e spaccare l’elica o il piede del motore.La presenza di tronchi di pioppo sommersi è abbastanza frequente, strappanti dagli argini e portati in acqua dalla furia delle piene, rappresentano delle vere e proprie mine per la navigazione, la loro presenza va rilevata e ricordata, in modo da girarci sempre al largo.
Le potenzialità di pesca offerte dal possedere un’imbarcazione, si manifestano maggiormente, quando decidiamo di raggiungere con le nostre esche, le fosse più profonde del fiume, dove di norma sono "appisolati" nelle ore diurne i siluri; queste zone sono spesso situate al centro del fiume o nascoste dietro i piloni dei ponti o lungo rive inaccessibili.
Una delle tecniche più redditizie, che si possono applicare con facilità dalla barca ancorata, è la pesca con il galleggiante; come ho più volte detto, il fatto di mantenere il vivo penzoloni per lungo tempo, sopra la testa di un gruppo di predatori, aumenta le nostre probabilità di una loro reazione, e soprattutto incrementa le possibilità che l’attacco sia sferrato da un esemplare di grossa taglia.
E’ ovvio che per riuscire ad applicare correttamente questo tipo di tecnica, e a far volteggiare le esche, in maniera naturale alla profondità voluta, bisognerà individuare tratti di fiume dove la corrente è meno impetuosa; altrimenti rischieremmo, anche con una sostanziosa piombatura, di pescare altrove, a causa dell’effetto bandiera della nostra lenza, sospinta dall’inarrestabile scorrere del fiume verso valle.
Questi luoghi sono frequenti lungo il corso del Po: zone d’acqua tranquilla si possono trovare sia in lanche particolarmente accentuate, sia a valle dei piloni dei ponti e dei pennelli che spezzano la corrente del Po, e soprattutto sullo sbocco degli affluenti.
Durante l’azione di pesca, la canna dovrà essere inserita negli appositi sostegni, fissati sulla murata dell’imbarcazione, in modo di mantenerla verticale, per sottrarre più lenza possibile all’acqua, e la frizione o il bait-runner vanno tenuti obbligatoriamente in posizione di "ON"; malgrado quest’accorgimento, però, non sempre le lenze di grosso diametro e i trecciati fuoriescono con facilità dalla bobina, il risultato è che al minimo incaglio o resistenza, possiamo dire addio alla ferrata, perché il siluro mollerà istantaneamente l’esca sospetta.
Per ovviare a questo problema, utilizzo un sistema un po’ casalingo, ma ugualmente funzionale, ideato prendendo spunto dalle pinzette per la traina d’altura: per la sua costruzione serve solo una molletta da bucato ed un elastico robusto.
Si fissa l’elastico alla molletta, e lo s’infila nella manovella del mulinello, dopo di che si pinza la lenza, a metà strada tra la bobina e il primo passante, aprendo a questo punto l’archetto, o nei mulinelli a bobina rotante il freno, vedremo che la lenza fuoriuscirà fino a tendere l’elastico, poi si bloccherà nell’attesa di un’ulteriore pressione, che la farà sganciare e scorre liberamente; se per caso la forza della pinzatura, non è sufficiente a trattenere correttamente la lenza, bisognerà rafforzarla, interponendo un altro piccolo elastico sulla testa della molletta, in modo da regolare a piacere la forza della pinzatura.
La pressione ulteriore cui mi riferisco, non è altro che l’abboccata di un siluro...beh…!…a volte anche un fascio d’erba, o un ramo...!…che affonderà il galleggiante trascinando con se molti metri di lenza, ignaro dell’inganno in cui è caduto; l’emozione che si prova nel momento in cui il palloncino sparisce sotto il pelo dell’acqua, e l’elastico si tende e la molletta si sgancia, non ha sicuramente paragoni con nessun’altra tecnica rivolta alla pesca del siluro.
Poi dopo la ferrata, il lungo combattimento, e la messa in secco del pesce, si parte a tutta birra verso fondali più bassi per l’immancabile foto di rito, che c’immortala insieme all’ennesimo e stupendo esemplare, che le acque del Po ci hanno regalato; operazione da eseguire nei mesi caldi preferibilmente in acqua con il siluro, per rispetto verso i suoi occhi privi di palpebre protettive e la sua pelle delicata.