Tutto da rifare!

Testo e foto di Yuri Grisendi

In dieci anni di pesca passati in barca sul Po, avevo ormai redatto, una piccola mappa di tutti i migliori spot presenti in un lungo tratto del corso mediano del fiume: da Brescello a S. Benedetto.

Avevo con cura individuato moltissime fosse profonde in prossimità di massicciate, pennelli o piloni, idonee alla pesca autunnale ed invernale, nonché numerose zone a ridosso di lunghe spiagge, caratterizzate dalla presenza di gradini dalle varie profondità, perfette per lanciare le mie insidie in periodo primaverile; senza contare le favolose lanche, dall’acqua tranquilla ricche di vegetazione e radici sommerse, paradiso ideale per la frega estiva dei siluri, e dove sapevo di poter contare in caso di mancate catture all’interno del grosso del fiume.Pesca sotto il ponte

L’ecoscandaglio, fido alleato di mille peripezie, mi aveva indicato minuziosamente le profondità di tali zone, e la loro variazione da un giorno all’altro dovuta alla deriva dei banchi di sabbia, ancor prima di arrivare sul perpendicolo della zona, sapevo gia capire da numerosi segnali quale sarebbe stata la profondità esatta, e di quanto era cambiata dalla volta scorsa, possedevo un sacco di punti di riferimento sulla riva, per poter localizzare con precisione ogni singola fossa: ormai il fiume non aveva per me più segreti!

Mai affermazione fu più sbagliata; la grande piena del ’94 era passata provocando si numerosi danni ai paesini rivieraschi, ma il letto del fiume, aveva subito in proporzione pochissime mutazioni, forse grazie alla poca durata del punto di piena massima, calcolato in poche ore; al contrario, i tre lunghissimi giorni, che hanno caratterizzato l’apice idrometrico della piena del mese di Ottobre dell’anno appena trascorso, denominata ormai "La piena del secolo", hanno sconvolto l’intero areale del Po.

Io stesso non credevo ai miei occhi, quando a marzo ho acceso l’ecoscandaglio per la prima volta dopo il passaggio di questo cataclisma, ed esso m’indicava una profondità incredibile tra i due ponti di Borgoforte: com’era possibile questo?

Forse il trasduttore era direzionato male?

Forse stavo leggendo la misura in "feet" e non in "mt"?

No; niente di tutto ciò, era tutto in ordine: qui dove pochi mesi fa, e per dieci anni a questa parte, l’acqua non aveva mai superato i sette metri, ora c’erano ben trentaquattro metri di fondo!

Adesso capivo il perché dell’agitazione d’alcuni operai dell’A.N.A.S., che nei giorni successivi alla piena, misuravano con una sonda lo stato dei piloni del ponte stradale, i loro visi erano sbalorditi quanto il mio ora: quel ponte esiste ormai da più di vent’anni, e durante questo tempo i sedimenti del fiume avevano coperto per decine di metri le sue fondamenta radicate nella roccia del letto, e adesso tutto di un tratto erano scoperte come appena costruite

Tutta quella sabbia non poteva però di certo essere sparita nel nulla, sicuramente da qualche parte si era ridepositata, mi bastò scendere per qualche chilometro il fiume per rendermi conto dell’enorme cambiamento che gli argini ed il letto stesso avevano subito: intere lanche riempite di sabbia, centinaia di nuove fosse profondissime create come dal nulla, altrettante richiuse o ulteriormente sprofondate, insomma, niente era più come prima, mi guardavo intorno e mi sentivo smarrito, non avevo assolutamente più punti di riferimento, praticamente e come sentirsi sperduti nel cortile di casa, una sensazione sicuramente poco gradevole.

Navigai per ore, nel vano tentativo di farmi un’idea di come fosse stato possibile un tale mutamento radicale, solo alcune lanche sono state risparmiate, e nelle poche pescate fatte da riva quest’inverno, non mi ero reso conto di quello che era realmente successo; all’improvviso mi venne in mente un piccolo aneddoto basato su di un indovinello, il quale chiede, se è più pericoloso il fuoco o l’acqua, la risposta più ovvia che viene in mente è il fuoco, ma ragionando si arriva invece alla conclusione, che il fuoco si può fermare spegnendolo con l’acqua, mentre l’acqua non può essere fermata né con il fuoco né con nessun altro mezzo.

I siluri nell'ecoscandaglioLa prova evidente era qui davanti a me, il fiume era stato rivoltato come un calzino, da una forza tremenda ed implacabile, che non si è fermata di fronte a niente, sicura della sua superiorità e guidata dalla mano vendicatrice di madre natura.

Guardai amareggiato il mio ecoscandaglio, e come se potesse sentirmi gli dissi: "Caro vecchio mio, mettiamoci al lavoro, perché qui è tutto da rifare".

Ormai il tramonto era vicino, e non avevo assolutamente voglia di iniziare proprio ora a riscrivere la mappa delle profondità, perciò decisi di dedicare la mia attenzione, in questi pochi minuti di luce a mia disposizione, a quei trentaquattro metri che mi avevano così stupito.

La pesca dietro i piloni dei ponti, è sempre molto fruttuosa, in quanto la presenza fisica del pilone stesso, crea un riparo per molte specie di pesci, inclusi i siluri, dall’azione inesorabile della corrente, permettendogli di stare adagiati sul fondo senza fatica; in più il movimento dell’acqua scava una profonda fossa, di parecchi metri più fonda rispetto al livello del fondale che precede il pilone, permettendo a questa zona d’acqua di mantenere una temperatura stabile rispetto alla circostante.

Ancorarsi al pilone non è difficile, è sufficiente avvicinarsi con cautela e legare una corda tra la prua dell’imbarcazione e un qualsiasi appiglio presente sulla muratura del pilone: di norma esistono gia appigli fissi, piazzati da altri pescatori in precedenza.

Un piccolo consiglio che però vi voglio dare è di utilizzare nel legarsi al pilone, nodi facili da sciogliere, io di solito utilizzo una corda che è gia fissata permanentemente contro il pilone, e la lego sulla bitta posta sulla prua utilizzando la "volta di galloccia", un falso nodo facilissimo da slegare in caso di pericolo (passaggio di altre imbarcazioni), o di una grossa cattura.

 

Una volta posizionato sulla zona di pesca, mi accorgo che sotto la barca, la corrente è in pratica assente, perciò decido di pescare a candela utilizzando una semplice montatura con piombo; eseguo dei sicuri nodi "Click", tra la madre lenza e la girella e il finale e l’amo, questo perché una qualsiasi cattura a questa profondità, avrebbe sicuramente messo a dura prova tutta l’attrezzatura, ed è da stupidi perdere un pesce solo per la fretta di entrare in pesca.

Nodi sicuri per ogni evenienza

 

L’Improved Clinch

Il nodo Improved Clinch è uno dei più noti ed impiegati da parte di noi pescatori di siluri, in quanto facciamo uso di girelle e ami ad occhiello, cui questo particolare nodo si adatta benissimo.

Facile e rapido da eseguire è in grado di conservare il cento per cento del carico di rottura della lenza prescelta, purché si rimanga su diametri piccoli e medi, come le lenze in Dineema, mentre per le lenze più grosse, tipo il Nylon o il Kevlar, è opportuno ricorrere ad una variante: il Clinch tre giri e mezzo.

Vediamo un esempio di legatura di una lenza di Dineema su una girella:

1) Iniziamo facendo penetrare nell'anello la madre lenza per 10-15 cm (corrente), che sarà poi portata indietro ed affiancata a se stessa (corpo di lenza).

2) Con il corrente avvolgiamo il corpo di lenza per sette volte, dando luogo ad altrettante spire, quindi facciamo passare il capo libero nella breve asola che si è venuta a formare sopra l’anello della girella.

3) Nel far questo si è formato un occhiello di filo che corre parallelo alle spire, ed attraverso il quale faremo passare ulteriormente il capo libero.

4) Inumidiamo accuratamente quindi tiriamo il capo libero in modo che le spire si accostino, senza però accavallarsi.

5) Tenendo fermo la girella, tiriamo il corpo di lenza fino a che le spire non si sono strette contro l'anello.

6) Si conclude tagliando il capo libero a pochi millimetri dal nodo.

 

Il Clinch con tre giri e mezzo

Il Clinch tre giri e mezzo è una versione ridotta dell'Improved, che però meglio si adatta ai fili di grosso diametro, troppo rigidi e poco scorrevoli per seguire un intreccio complesso.

Si tratta di un nodo semplice, con solo tre spire, ma che è in grado di conservare almeno l’ottantacinque per cento del carico di rottura della lenza impiegata, perciò ben si adatta al Kevlar che già di per se possiede carichi di rottura notevoli.

Vediamo un esempio di legatura di un finale in Kevlar su un amo con occhiello:

1) Iniziamo facendo penetrare il filo del terminale dentro l’occhiello dell’amo per 15-20 cm; poi, tornando indietro, con il corrente si formano tre spire e mezzo sul corpo di lenza.

2) Scendiamo quindi verso il basso, e facciamo penetrare il capo libero attraverso lo spazio che il filo ha formato immediatamente sopra l’occhiello.

3) Mantenendo il filo in posizione, inumidiamo adeguatamente, e tiriamo con forza prima il capo libero e poi il corpo di lenza; per una migliore riuscita della stretta è consigliabile trattenere l’amo con le pinze od assicurarlo ad un appiglio adatto.

5) Si conclude tagliando il filo in eccedenza a pochi millimetri dal nodo.

 

Calo lentamente la vivace anguilla all’interno dell’enorme fossa, controllando la sua discesa sul monitor dell’"Eagle Strata View 128", fino a quando a pochi metri dal fondo, noto un enorme baffo nero salire verso l’esca; l’attacco non si fece attendere, avevo ancora la canna in mano e lo strappo fu tremendo.

Non mi feci trarre in inganno dalla sua furia, sapevo benissimo che malgrado i forti strattoni non aveva ancora ingoiato l’amo, troppe volte ero stato tradito dalla fretta di ferrare; attesi qualche istante, e poi capii che era giunta l’ora di fargli una sorpresa e tirai con forza.

Pesce malizioso, si butto immediatamente in corrente, srotolando metri e metri di lenza dal mulinello, velocemente mi slegai dall’ancoraggio e assecondai in deriva i suoi tentativi di liberarsi da quel fastidioso pungiglione che gli aveva punto la bocca; chi non ha mai duellato con un siluro, non può capire quale paura si provi, ogni volta che il pesce compie la sua caratteristica manovra di arrotolamento, facendo perdere tensione alla lenza, se non si è subito veloci a riprendere contatto con il pesce con veloci giri di mulinello: ciao ciao siluro!

Anche questa volta però ho avuto la meglio, da un po’ di tempo la fortuna mi assiste, e benché il siluro catturato presentasse una grossa ferita sulla coda, causata sicuramente dallo scontro con un’elica di un’imbarcazione, la sua mole era di tutto rispetto: peccato solo che le foto al buio non diano mai al pesce il giusto risalto che merita!


Il Sogno spagnoloRisvegli da record