Sabato 06 ottobre 2001
Dieci anni di lotta allo "squalo di fiume"
Siluri e inquinamento, i mali principali dei fiumi lodigiani

Dieci anni di caccia al siluro illustrata con diapositive da Mario Narducci, segretario della sezione di Lodi dello Spinning club Italia. Un decennio durante il quale quella che sembrava una presenza saltuaria si è diffusa fino a diventare un'ombra che si aggira per canali e fiumi settentrionali, attanagliando sempre di più le acque lodigiane. Una presenza minacciosa, secondo i pescatori dello Spinning Club Italia, capace di azzerare le specie autoctone. Niente affatto minacciosa, secondo Yuri Grisendi, pescatore di Reggio Emilia e fondatore di un sito Internet in difesa del siluro, a suo avviso assurto a capro espiatorio di tutti i mali delle acque italiane.
Due posizione neanche tanto distanti: giovedì sera le due "scuole di pensiero" si sono fronteggiate durante l'incontro organizzato dallo Spinning Club. Senza attriti particolari: sia i pescatori lodigiani che i difensori del siluro (che hanno ammesso di non disdegnare di cucinarsene qualcuno ogni tanto) concordano sui Pa040050.jpg (33786 byte) veri, grandi mali che affliggono la pesca. Affollamento di specie straniere (fenomeno di cui il siluro rappresenta l'involontaria punta dell'iceberg), rasatura meccanica della vegetazione di riva dei canali e, soprattutto, l'inquinamento: «Nei fiumi spagnoli si pescano siluri enormi ma anche cavedani e altri pesci a volontà - ha commentato Grisendi - . Perché? Perché lì l'acqua è tanto pulita che si può usare per fare il caffè». A raccontare la lenta, implacabile colonizzazione sono intervenuti anche Fabio Capecchi, segretario della sezione Brianza, e il piacentino Roberto Peveri, il primo a organizzare un raduno di pesca al siluro.
Colonizzazione che si ramifica, risalendo il corso del Po: «Ormai li danno a Torino, ad Alessandria ci sono già - conferma Cesare Lorandi, socio fondatore dello Spinning Club -. Arrivano dai paesi dell'Est, sono abituati alle basse temperature e se trovano buche si stabiliscono e si riproducono».
Beffa del destino: negli anni Settanta, con fabbriche e concerie che intasavano il Po di acidi e porcherie Pa040051.jpg (38729 byte) bastava calare la lenza per pescare di tutto. Oggi le acque, comunque più pulite, sono sempre più vuote. A parte il siluro, naturalmente: «La mia preoccupazione - dice Lorandi - è quella di non poter più dire ai miei nipoti "Qui una volta c'erano tanti pesci", come dicono a noi gli anziani che incontriamo sulle rive». Intanto c'è chi organizza safari acquatici sul Po: «Veri e propri tour operator - spiega Lorandi - che per 300 mila lire organizzano una battuta di pesca con barche e scandagli. Sono stati i primi ad opporsi quando abbiamo lanciato l'allarme siluro».


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